La Nuova Sardegna

Olbia

Il ricorso contro l’Amp arriva al Consiglio di Stato

di Walkiria Baldinelli
Il ricorso contro l’Amp arriva al Consiglio di Stato

Movimento pro-territorio, pescatori e balneari impugnano la decisione del Tar In primo grado l’area marina protetta di Santa Teresa era stata definita legittima

15 gennaio 2020
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SANTA TERESA. Contro l’istituzione dell’Area marina protetta Capo Testa-Punta Falcone, il Movimento sardo pro territorio ricorre al Consiglio di Stato, insieme all’associazione balneare, a quella degli armatori motopescherecci sardi e i pescatori. È chiede l’annullamento della sentenza del Tar e la sospensiva degli atti impugnati relativi al decreto istitutivo. Con sentenza i giudici del Tar Sardegna, a fine maggio dello scorso anno, avevano dichiarato che l’Amp era stata istituita in modo corretto. Ma i firmatari del ricorso in appello continuano a puntare il dito contro il ministero dell’Ambiente, il Comune di Santa Teresa, la Regione e l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale): «perché non c’è stato il consenso popolare al momento dell’avvio della procedura amministrativa». Tra l’altro, ribadiscono violazioni per il mancato coinvolgimento della Capitaneria di porto, dell'ex Provincia gallurese e/o Provincia di Sassari: «Non sono state né sentite, né convocate ai tavoli tecnici», dichiarano i legali cagliaritani Eulo e Paolo Cotza, esperti nel campo di Amp e parchi nazionali. Come quello del Gennargentu, che doveva essere istituito nel 1994, ma non è mai nato. All’epoca, tra i ricorrenti, c’era ancora una volta il Comitato pro territorio e a difendere le ragioni di chi protestava sempre lo stesso studio legale Cotza. L’Amp di Capo Testa-Punta Falcone è (solo) formalmente diventata realtà il 20 settembre 2018. Nella fase intermedia dall’entrata in vigore del decreto istitutivo – firmato nel maggio 2017 dall’ex ministro Gian Luca Galletti del precedente governo, quando le camere erano già sciolte – e del regolamento di disciplina, l’amministrazione comunale sta predisponendo gli adempimenti per l’approvazione del disciplinare di esecuzione. In sostanza, per ora l’area marina esiste solo sulla carta. Non è stata perimetrata e di fatto i vincoli non sono operativi. Con il ricorso al Consiglio di Stato i ricorrenti chiedono una più adeguata chiave di lettura della questione rispetto alla pronuncia di primo grado. «La contestata istituzione dell’Amp – spiegano i legali –, è un altro esempio di “parco” calato dall’altro, non condiviso dalla maggioranza della popolazione e mai deliberato favorevolmente dal consiglio comunale, unico organo competente in materia». L’istituzione dell’Amp è stato uno dei cavalli di battaglia durante ben due campagne dell’amministrazione guidata dal sindaco Stefano Pisciottu, essendo inserita infatti tra i punti programmatici. I legali degli appellanti sostengono inoltre essere inadeguato lo studio effettuato negli anni Novanta dall’università di Sassari a corredo della richiesta di istituzione dell’area marina: «Occorrerebbe rielaborare una nuova cartografia, quegli studi riguardavano solo una porzione dell’attuale Amp. Inoltre, non tengono conto dei cambiamenti climatici, dell’erosione delle coste e dei nuovi modelli di sviluppo». In attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato il Movimento sardo pro territorio, con gli altri appellanti, chiede la sospensiva degli atti di istituzione dell’Amp, che interessa 55 dei 79 chilometri della costa teresina, fino a una profondità di circa 1,8 miglia. «L’eventuale delimitazione frettolosamente posizionata in prossimità dell’udienza – affermano gli avvocati Cotza –, pregiudicherebbe tra l'altro le attività lavorative degli appellanti e sarebbe solo un ulteriore esempio di istituzione di Amp condotto a strappi. In sostanza, bisogna uscire dalla logica del parco come riserva, fine a sé stessa, e, secondo gli orientamenti più moderni e convincenti, considerare l’Amp come contesto in cui rendere compatibili la tutela dell'ambiente e le attività che in quell'ambiente tradizionalmente si svolgono».

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