La Nuova Sardegna

Olbia

Air Italy, famiglie distrutte: marito e moglie a casa

Stefania Puorro
Fabrizio Serra, assistente di volo come la compagna
Fabrizio Serra, assistente di volo come la compagna

Tra i liquidati numerose coppie. La disperazione: «Abbiamo perso tutto»

17 febbraio 2020
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OLBIA. La voce è quella di una donna che non vuole arrendersi. E che, dopo 33 anni di lavoro e un licenziamento dietro l’angolo, continua a operare con impegno «perché bisogna essere professionali sino all’ultimo». Ma il morale è a terra, la serenità non esiste più, il mondo è crollato addosso a lei così come agli altri dipendenti di Air Italy. Tra i quali suo marito. Ofelia Maciocco, sta nell’ufficio acquisti di Maintenance, lui, Marcello Deiana, è un tecnico di reparto (si occupa di ruote e freni). È una delle tante coppie (con tre figlie) che hanno ricevuto la mazzata. Anche Fabrizio Serra, assistente di volo, ha una compagna che nel 2016 ha “accettato” il licenziamento. «Nel senso che non aveva alternative - racconta -. Lei rientrava infatti nel gruppo dei “volontari”. Come dire: “o ti fai licenziare, o provvediamo noi a farlo”. Così ha deciso di sacrificarsi per me e per le nostre bambine». La paura e la disperazione la stanno vivendo tutti i lavoratori. Trascorrono ogni momento della loro giornata sapendo che presto si sentiranno dire: “E ora vai a casa davvero”. Ma tra loro ci sono le coppie di dipendenti che sentono un peso ancora più grande sulle loro vite. Un peso doppio, appunto. E che si aggrappano alla speranza, come dice Ofelia. O che sono convinte che la via di uscita ci sia, come sostiene l’assistente di volo.

Ofelia e Marcello. «Da tempo ormai lavoravamo senza più serenità, eravamo consapevoli di tante scelte sbagliate e di una situazione che continuava a peggiorare. Ma c’è sempre stata la speranza - dice Ofelia Maciocco -. Ed è quella che ci ha consentito di andare avanti, anche perché le voci che circolavano sull’ipotesi della liquidazione erano appunto solamente voci. Poi la doccia ghiacciata, alle 14,15 di lunedì scorso. Quella mail con cui ci ringraziavano per il lavoro svolto. Una botta terribile. Per me, per mio marito, per tutti. Sostenuti dal nostro capo, continuiamo a lavorare e facciamo tutto ciò che si deve fare, anche se devastati psicologicamente. Perché siamo e saremo professionali sino all’ultimo. Ma io preferisco non guardare troppo in là. Vivo alla giornata, penso alla salute mentale e a quella fisica. Con mio marito e le mie figlie manifesteremo a Cagliari, martedì, insieme con gli altri lavoratori. Certo, ora che è scoppiata la bomba, tutti improvvisamente si rendono conto di quanto sia grave la situazione. La società sta liquidando e pagando ogni debito e questo vuol dire che se il Governo lo vuole davvero, può realmente intervenire e sanare. Io, alla speranza che ciò accada, voglio restare aggrappata».

Un incubo che si ripete. Fabrizio Serra ha già vissuto l’incubo del licenziamento quando la sua compagna, assistente di volo, si è dovuta sacrificare quattro anni fa. Lui è anche un ex rappresentante sindacale della Cgil (anche se è sempre nel giro) e ora vorrebbe sentirsi dire “State tranquilli. Abbiate fiducia, ne usciremo tutti”. «Perché non si tratta solo di salvare 1400 lavoratori e le loro famiglie - dice Serra - ma anche di non privare il territorio di una risorsa fondamentale. E devono esserne realmente consapevoli la città, la Gallura e l’intera Sardegna. Questa è una battaglia che non possiamo combattere soltanto noi lavoratori. Qui stiamo parlando di una vera e propria industria che non si può far scomparire. Si dovrebbe creare un vettore a connotazione regionale: si recupererebbe tutto il personale e si uscirebbe dalla palude della continuità territoriale. Dando vita a una compagnia che possa ripartire, anche se con fatica, e portare i passeggeri in giro per l’Italia e poi per l’Europa». Guarda avanti, Fabrizio Serra, convinto che la via di uscita ci sia davvero. Ma non può dimenticare il momento in cui, lunedì, ha preso il telefonino in mano mentre passeggiava e ha letto quella mail. «Mi sono detto “è finita”. Però sono realista: i segnali c’erano, ma forse in molti credevano che nella peggiore delle ipotesi potesse essere avviata una procedura di mobilità. Non è stato così. La verità è che si sono uniti due sposi che non si amavano: un matrimonio di interesse tra Aga Khan e Qatar andato avanti tra mille difficoltà. Sino alla spaccatura definitiva, dopo la quale ci hanno dato il benservito».

Poi Fabrizio Serra ritorna indietro di trent’anni, quando arrivò a Olbia dall’Oristanese. «Ero disoccupato ma ho cominciato qui a fare l’assistente di volo. Ho sempre creduto in questa azienda e sono consapevole delle enormi potenzialità che rappresenta per il territorio e per i tanti giovani che si specializzano per diventare tecnici o piloti e che a 500 metri da casa potrebbero trovare un’occupazione. Invece è sempre mancata la programmazione e di fronte ai tanti segnali che in questi anni avrebbero dovuto allarmare i governi, a tutti i livelli, non si è fatto niente. La situazione adesso è precipitata, ma non è possibile che la politica non sapesse. Mi auguro, per questo, che ci possa essere un piano per la salvezza».Pagina Successiva: 1>>

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