La Nuova Sardegna

Olbia

Chiusi in casa capiamo quanto è bello il mondo

Chiusi in casa capiamo quanto è bello il mondo

I ragazzi dell’Itct Panedda raccontano la loro quarantena

09 aprile 2020
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GIORNO 1

La mia idea è di concludere ogni pagina di questo diario con un messaggio per la me di domani e giorno dopo giorno vedere se riesco ad ascoltare almeno me stessa. Sono molto impaurita. Quello che poche settimane fa sembrava il classico scandalo che avremmo visto solo da lontano è diventato una dura realtà che ci ha chiusi in casa a fare l’unica cosa che ci è consentita fare: farci bombardare dai media e le loro centinaia di informazioni. Mi è capitato spesso di pensare a perché è così difficile per noi accettare la cosa e agire nel rispetto delle leggi e sono arrivata alla conclusione che ogni fatto di cronaca (dalla rapina al negozietto della nostra città al presunto scoppio della 3ª guerra mondiale) per noi è come una storia di Instagram: si posta, raggiunge i profili di tutti e dopo 24h scompare e nessuno ne parla più. Ho la sensazione che ci vorranno ben più di 24h per gettarci tutto alle spalle perciò il mio consiglio per la me di domani è: “mettiti d’impegno, studia almeno un argomento e finisci gli esercizi di economia politica. Poi fai la tinta a mamma Maria e non mangiare più così male.”(Andreea Petrache)



GIORNO 2

Com’è strano osservare il nostro mondo da una finestra. Eravamo tutti bravi a sottovalutarlo e maltrattarlo, eppure, adesso non ne possiamo fare a meno. Ci accorgiamo della ricchezza che abbiamo intorno solo quando ci viene sottratta. Le nostre abitudini, che consideravamo blande e monotone, acquisiscono, ora, il significato della bellezza e della libertà. Faccio finta di non essere chiusa nella mia stanza a scrivere i miei pensieri, ma provo a immaginarmi i colori, gli odori, il rumore delle macchine in movimento, il vento che mi schiaffeggia in volto. Mi piacerebbe riascoltare il suono delle onde che si abbattono contro la battigia, inspirando così il profumo della salsedine che invade le nostre narici fino a occupare le vie respiratorie. Allo stesso tempo, sentiamo la mancanza di un abbraccio, una carezza o anche solo una semplice stretta di mano.(Chiara Chiocca)



GIORNO 3

Sono passate quasi 72 ore dall’ultima volta che sono uscito da queste quattro mura. So che 72 ore possono sembrare lunghe, e lo sono, ma per me sono solo secondi che passano: 259200, per la precisione; mi sento tanto Sheldon Cooper a dire queste cose. Ma è vero, è solo un granello di sabbia in più nella clessidra che è la mia vita, passerà dopo tutto. Vedo come nella propria fragilità tutti gli uomini stiano lentamente provando a costruirsi muri e tendere mani invisibili, protetti in scatole di pietra dove non passa il vento, collegati dai moderni piccioni viaggiatori. Come faccio ad andare avanti. A volte mi capita di pensarlo. E la risposta è sempre stata una sola, perentoria. “Inerzia”. Non negherò che la paura potrebbe arrivare fino a me; per quanto le mura che ho eretto siano alte e stabili, la lontananza dagli affetti e dagli amici più cari si fa sempre più sentire. (Piccolo bonus di chi ha sempre avuto relazioni personali a distanza, cose come questa fanno meno paura). E forse, davvero, non c’è molto altro da dire. Sicuramente, se ci fosse stata ancora Lei, già dai primi accenni di chiusura e paura, avrebbe iniziato a impazzire, cercando di fare gli spesoni da razione militare il prima possibile. (Emanuele Frasconi)



GIORNO 4

Oggi avevo la finestra del giardino aperta, entrava un bellissimo odore di aria pulita, di primavera. Ho guardato il cielo da dentro e mi sono persa nei miei pensieri. Non ho mai apprezzato davvero il giardino, sono sempre rimasta restia a uscire fuori a causa degli insetti, che mi provocano un certo timore. Pungono, ti salgono addosso e camminano sul tuo corpo indipendentemente da quello che tu possa pensare di loro. Tuttavia, ho sempre apprezzato la natura. Il parco è un posto dove mi piacerebbe andare, dove vorrei passeggiare e respirare a pieni polmoni l’aria di fresco e fiorito che c’è attorno. Ciò che catturerebbe la mia attenzione sarebbero i ciliegi, quei piccoli fiorellini bianco-rosa che fanno un sacco di polline, ma che regalano una bellezza indispensabile al quadro della vita. Pensare a questo mi ha fatto ricordare del legame che sentivo con la natura da bambina, dei modi in cui mi sporcavo le mani per fare dolcetti di terra e foglie di fico. Non so come, però, sono arrivata a pensieri del tutto diversi e macabri. Pensavo alla rabbia e a quanto vorrei che lo schifo che ci circonda cessasse al cambiare delle stagioni; che la gente aprisse gli occhi e vedesse oltre il naso, cosa c’è in un parco, in una foglia o nei granellini di polvere che le mimose creano in gran quantità. Potrei paragonarmi a Leopardi e al suo pessimismo, eppure non riesco a farlo; perché anche se Leopardi apparentemente era pessimista, dentro di sé aveva una profondità tale da non poter raggiungere il fondo. E allora mi chiedo: si può apprezzare il pessimismo, se visto sotto una luce diversa? (Roberta Fois)



GIORNO 5

Oggi sarebbe stato il mio terzo pranzo dei 100 giorni, ma sono talmente sfigata che a questo punto penso che Dio non voglia farmi diplomare. Con la classe ci siamo impegnati tanto per rendere tutto magnifico, ma siamo a casa a deprimerci. La mia giornata è stata faticosa, ho passato 4 ore a fare ripetizioni online di matematica, un inferno. È sabato, ma non è come gli altri: a quest’ora mi stavo preparando per andare al bar con le mie amiche, mi manca tutto quello che facevo prima, anche se sembrava così banale. Quando si tornerà alla normalità darò più valore alle minime cose, perché ora che ho “perso tutto” mi rendo conto di quanto stavo bene prima. Non mi resta che Netflix e scegliere un film per questo sabato di quarantena. (Ylenia Acquaroni)



GIORNO 6

Stavo riflettendo sul futuro, a quando saremo nonni e i nostri nipoti ci chiederanno che cosa è successo a marzo del 2020, e noi con tutta l’angoscia, la gola secca e le palpitazioni racconteremo questa storia. Dovremo raccontare di come il virus si è diffuso, delle strade vuote, degli assalti alle farmacie e nei supermercati, e faremo l’esempio di qualche film “dei nostri tempi” che loro non avranno visto. Racconteremo degli ospedali affollati di gente che stava male, della paura che ci lacerava la carne dall’interno. E di come abbiamo superato questo momento. Perché sì noi, nel futuro che mi immagino, abbiamo superato questo momento con tutte le nostre forze e con tutta la nostra buona volontà. (Vanessa Mancini)

Non esistono certezze a cui potermi appigliare nella paura. La vita è un torrente in piena, e noi siamo dei ciottoli sul letto di questo torrente, troppo leggeri per resistere alle correnti, troppo pesanti per affondare senza poterci più muovere. E penso sia giusto così, a volte le cose non vanno come vogliamo, a volte succedono cose che difficilmente possiamo controllare e scappano di mano; è il corso naturale delle cose in fondo. Ed è per questo che oggi ho deciso di cambiare tutto. Accetto di essere quel ciottolo nel letto del fiume, lanciato dalla mano di chissà quale entità all’interno del Marasma che chiamiamo Vita. Meglio impiegarlo bene, il tempo. Finisce il letargo e incomincia la vera Primavera. (Emanuele Frasconi)



GIORNO 7

Nonna Anita è la zia di mia madre, è una donna di chiesa, la perpetua: abita vicino alla parrocchia del suo paese, ed è proprio lei a organizzare tutto per la cerimonia religiosa. Prepara mazzi e mazzi di fiori per le messe, le palme a Pasqua, pulisce, lava, fa tutto. Con la pioggia, la neve, il caldo torrido, lei è sempre dentro quella chiesa: ogni volta che io e i miei genitori andiamo in paese, siamo sicurissimi di trovarla lì, a sistemare le acquasantiere o a spazzare. Oggi l’abbiamo chiamata: la sentivo urlare in sardo dall’altra parte della cornetta frasi come “Solo Dio ci può aiutare”. E più la sentivo invocare questo Essere supremo più mi chiedevo se valesse la pena aggrapparsi a un’entità superiore in situazioni come questa, con la scienza e la tecnologia che avanzano imperterrite. Non so come rispondere a questa domanda: non credere all’esistenza di un Dio mi porta a non capire tale attaccamento a qualcosa che non esiste. Molte persone trovano in Dio (qualunque Dio) ciò che non trovano negli esseri umani. Forse la gentilezza, l’ascoltare incondizionatamente: non mi è ancora chiaro quale sia questa virtù che l’uomo non possiede. “Un giorno pregherai anche tu il tuo Dio: purtroppo non tutti hanno le persone giuste con cui potersi confidare. Molti parlano proprio con Lui, perché per loro è la luce nel tunnel. Ritieniti fortunato amore.” Ed è la mamma, come sempre, a dare la risposta a tutto. (Yuri Steffani)



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