La Nuova Sardegna

Olbia

«Andata e ritorno dal nord con rischi e pochi controlli»

di Antonello Sechi
«Andata e ritorno dal nord con rischi e pochi controlli»

Un professionista racconta il viaggio dall’isola per la visita medica della moglie «A Livorno non ci hanno misurato la febbre, e troppi autisti non temono i contagi»

22 aprile 2020
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OLBIA. «Io e mia moglie siamo andati a Milano, nei suoi dintorni, per una visita medica. Al rientro non abbiamo fatto alcuna quarantena: né lei che era la paziente né io che l’accompagnavo. Non ci siamo presi il coronavirus né lo abbiamo trasmesso a nessuno. Siamo stati molto attenti a evitare contatti a rischio. Ma mi rendo conto che, essendo meno cauti e responsabili, poteva capitare. Situazioni potenzialmente pericolose, durante il viaggio da Olbia a Livorno e poi a Milano, ne abbiamo visto, soprattutto in nave. Ma per essere equi forse abbiamo corso più rischi per un esame a Sassari».

A parlare è un professionista di mezza età, residente in un piccolo centro gallurese. Lo chiameremo Mario, per rispettare la privacy della moglie, che ha un serio problema di salute per il quale, appunto, si è reso necessario il viaggio nel nord Italia. Entrambi hanno beneficiato dell’esenzione dalla norma che impone a chi entra nell’isola 14 giorni di “permanenza domiciliare”, quella dettata dall’ordinanza con la quale il 9 marzo scorso la Regione ha definito le regole più importanti del lockdown anti-pandemia. La stessa esenzione di cui nei giorni scorsi – stavolta per motivi di lavoro – hanno beneficiato due lavoratori dell’impresa che realizza il lotto 5 della nuova strada Sassari-Olbia provocando preoccupazione a Berchidda e l’intervento del sindaco Andrea Nieddu.

L’esenzione dalla quarantena, prevista da una circolare firmata dal presidente della Regione il giorno dopo l’ordinanza che impone la stessa quarantena, apre secondo il sindaco e secondo il presidente dell’Anci Sardegna Emiliano Deiana ampi varchi nel sistema dei controlli anti-Covid. Finora è andata bene: non risulta, fino a prova contraria, che qualcuno in Sardegna si sia preso il coronavirus a causa di persone arrivate nell’isola o rientrate da un viaggio nella penisola non seguito da quarantena. Ma il racconto di Mario fa capire che i timori di Nieddu e Deiana sono tutt’altro che infondati. «Per organizzare la visita nella penisola – spiega il professionista – ho contattato, come previsto dalla norma, il numero verde regionale. La prima volta mi è stato spiegato che chi esce e rientra avrebbe dovuto fare la quarantena. La volta successiva, dopo aver preparato la domanda e i documenti necessari per l’autorizzazione al viaggio, mi è stato detto che mia moglie era esente dalla quarantena. Io no: in quanto accompagnatore della persona con problemi di salute, avrei dovuto mettermi in isolamento al rientro. Confesso di essermi inalberato: io e mia moglie avremmo fatto insieme lo stesso viaggio, ma solo io sarei stato obbligato al confinamento domiciliare e nel frattempo non avrei potuto lavorare. Ho chiesto se la quarantena viene imposta per tutelare la Sardegna dal virus o è solo per burocrazia. Mi hanno risposto che non dipendeva da loro ma che avrei potuto eventualmente andare dal mio medico di famiglia e chiedergli come fare per il tampone. Prima della partenza, tuttavia, dalla Regione viene fuori che, grazie alla circolare esplicativa del 10 marzo, non solo chi si sposta per motivi di salute, come mia moglie, ma anche chi esce e rientra dall’isola per un obbligo – come quello di accompagnare una persona malata – non deve fare la quarantena».

Il professionista e la moglie sono andati a Milano, hanno fatto la visita e sono tornati in Sardegna. Al rientro, anche se non obbligati, si sono comunque rinchiusi per qualche giorno a casa. «Ma – spiega Mario – mi rendo conto che occasioni di rischio non sono mancate. Non in ospedale a Milano, dove abbiamo fatto un percorso “chiuso”, né in autostrada, dove gli autogrill applicano un sistema molto rigido facendo entrare una persona alla volta. A Olbia, all’imbarco e allo sbarco, ci hanno misurato la temperatura. Al rientro, invece, alla partenza da Livorno non c’è stata alcuna misurazione: la temperatura l’abbiamo dichiarata noi. Sulla nave c’erano altre persone che viaggiavano per motivi di salute e diversi autisti di camion con merci dirette in Sardegna. Mettiamola così: non sembravano troppo preoccupati del pericolo contagi. Ci siamo chiusi subito in cabina».

Per il professionista, che ha deciso di raccontare pubblicamente la sua esperienza, il problema non è tanto l’esenzione dalla quarantena: «A pensarci bene, andrebbe fatta anche in uscita, perché teoricamente possiamo essere noi a portare il virus fuori dall’isola, ma così bisognerebbe restare chiusi per un mese. Il problema è la logistica, la gestione dei viaggi: ci sono falle». Tra esenzioni dalla quarantena – molto vaste – e gestione dei controlli poco stringente il quadro non sembra proprio rassicurante. Nieddu e Deiana fanno bene a preoccuparsi.

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