Maschere e teli usa e getta la nuova vita delle barberie
di Paolo Ardovino
Simone Derosas spiega le nuove procedure per servire i clienti in sicurezza «Qualcuno a casa ha provato a fare da solo. Mi hanno chiesto anche dei tutorial»
21 maggio 2020
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OLBIA. Al “Pettine d’oro”, di questi tempi, gli utensili sono quasi tutti di plastica. I grembiuli addosso ai clienti, i pettini, appunto, e sul banco di lavoro sono comparse attrezzature che prima forse non sembravano essere davvero necessarie: due grandi sterilizzatori, «uno proprio per le cose in plastica, l’altro per l’acciaio», quindi rasoi e forbicine. Il salone di Simone Derosas, in viale Aldo Moro, ha riaperto come gli altri l’11 maggio e da allora è personalizzato: «Può entrare un cliente alla volta, senza altre persone sulle poltrone d’attesa. A ognuno dedico all’incirca 45 minuti tra taglio e sanificazione».
Mentre Simone parla, è il turno del signor Marcello, cliente «e amico di famiglia» sottolineerà sedendosi nella postazione. Dietro di lui, il barbiere indossa mascherina e visiera come da regola: «Anche se è quasi impossibile riuscire a lavorare così, la visiera spesso si appanna col respiro – dice Simone Derosas, spiegando il nuovo modo di lavorare nella sua barberia –. Il taglio da uomo è particolare, è fatto anche di rifiniture vicino alle orecchie, alle basette, è normale che si chieda al cliente di togliere la mascherina per pochi minuti da un lato». Bisogna fare i conti con nuove difficoltà e con un senso della sicurezza che va rispettato. «La cosa che mi fa più rabbia – incalza – è che specie sulle mascherine non c’è la stessa attenzione da parte di tutti. Noi possiamo lavorare esclusivamente con queste – dice, indicando la sua, di tipo ffp2 – e non con quelle chirurgiche, di stoffa, o di altro tipo ancora». Le barbe – si mettano l’anima in pace gli hipster – non possono essere toccate da protocollo fino a fine anno, e per quanto riguarda le chiome anche Simone Derosas ammette di aver trovato qualche sorpresa al rientro. «Qualcuno a casa ha provato a fare da solo, o aiutato da moglie e compagne. Qualche cliente mi ha chiesto anche dei video tutorial, c’è chi ci è riuscito bene e chi no. Secondo me, noi e gli estetisti siamo stati in cima ai desideri di tutti» scherza.
Ora l’agenda ha subìto dei cambiamenti. Innanzitutto, se qualcuno prenota ora, «trova spazio dal 29 maggio in poi – dice, forbici in mano –. I due mesi di quarantena li ho passati tra giardinaggio e lavoro in garage ma le ultime due settimane prima di aprire le ho dedicate alla sanificazione e a vari ordini, per farmi trovare pronto. Non ho aderito all’aumento dei prezzi, non mi sembrava giusto in questo momento. Anche io rimango aperto il lunedì almeno per tutto maggio, e ho deciso di dedicare questo giorno solo agli appuntamenti dei bambini». Sulle pareti della barberia sono appese tante foto dell’Olbia del passato, ingiallite e incorniciate, oltre al ritratto, tra i due grandi specchi, dello zio Matteo, storico barbiere, molto conosciuto in città e scomparso recentemente, che aprì quella stessa attività di viale Aldo Moro nel lontano 1974, dove il nipote ci lavora da più di vent’anni.
Mentre Simone parla, è il turno del signor Marcello, cliente «e amico di famiglia» sottolineerà sedendosi nella postazione. Dietro di lui, il barbiere indossa mascherina e visiera come da regola: «Anche se è quasi impossibile riuscire a lavorare così, la visiera spesso si appanna col respiro – dice Simone Derosas, spiegando il nuovo modo di lavorare nella sua barberia –. Il taglio da uomo è particolare, è fatto anche di rifiniture vicino alle orecchie, alle basette, è normale che si chieda al cliente di togliere la mascherina per pochi minuti da un lato». Bisogna fare i conti con nuove difficoltà e con un senso della sicurezza che va rispettato. «La cosa che mi fa più rabbia – incalza – è che specie sulle mascherine non c’è la stessa attenzione da parte di tutti. Noi possiamo lavorare esclusivamente con queste – dice, indicando la sua, di tipo ffp2 – e non con quelle chirurgiche, di stoffa, o di altro tipo ancora». Le barbe – si mettano l’anima in pace gli hipster – non possono essere toccate da protocollo fino a fine anno, e per quanto riguarda le chiome anche Simone Derosas ammette di aver trovato qualche sorpresa al rientro. «Qualcuno a casa ha provato a fare da solo, o aiutato da moglie e compagne. Qualche cliente mi ha chiesto anche dei video tutorial, c’è chi ci è riuscito bene e chi no. Secondo me, noi e gli estetisti siamo stati in cima ai desideri di tutti» scherza.
Ora l’agenda ha subìto dei cambiamenti. Innanzitutto, se qualcuno prenota ora, «trova spazio dal 29 maggio in poi – dice, forbici in mano –. I due mesi di quarantena li ho passati tra giardinaggio e lavoro in garage ma le ultime due settimane prima di aprire le ho dedicate alla sanificazione e a vari ordini, per farmi trovare pronto. Non ho aderito all’aumento dei prezzi, non mi sembrava giusto in questo momento. Anche io rimango aperto il lunedì almeno per tutto maggio, e ho deciso di dedicare questo giorno solo agli appuntamenti dei bambini». Sulle pareti della barberia sono appese tante foto dell’Olbia del passato, ingiallite e incorniciate, oltre al ritratto, tra i due grandi specchi, dello zio Matteo, storico barbiere, molto conosciuto in città e scomparso recentemente, che aprì quella stessa attività di viale Aldo Moro nel lontano 1974, dove il nipote ci lavora da più di vent’anni.