La Nuova Sardegna

Olbia

la risposta 

«È una menzogna, vuole colpirmi per aver detto no alle sue pretese»

«È una menzogna, vuole colpirmi per aver detto no alle sue pretese»

OLBIA. «Di tutto mi sarei aspettato nella mia vita tranne di essere accusato del reato più infido e peggiore di cui un uomo può essere incolpato. Ciò di cui lei mi accusa è una menzogna per colpirmi...

19 settembre 2020
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OLBIA. «Di tutto mi sarei aspettato nella mia vita tranne di essere accusato del reato più infido e peggiore di cui un uomo può essere incolpato. Ciò di cui lei mi accusa è una menzogna per colpirmi perché non mi sono piegato alla sua richiesta di bloccare il procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti».

Alle sei di sera, dopo essere andato dai carabinieri per denunciare Gabriella Palermo per diffamazione a mezzo stampa, il sindaco Settimo Nizzi convoca una conferenza stampa. E racconta la sua verità. Si dice sereno e fiducioso nella magistratura ma è fortemente provato. «Mi dispiace per tutto il fango gettato su di me e la mia famiglia. Giuro sui miei figli di non aver mai fatto nulla di ciò di cui mi si accusa. Mi sarei decapitato prima di fare violenza su una donna. È stato un ultimo tentativo per estromettermi dall’agone politico».

All’origine di tutto, secondo Nizzi, ci sarebbe il procedimento disciplinare che ha portato alla sospensione per sei mesi della dirigente comunale. «Voleva che lo bloccassi, ma io non potevo – dice Nizzi –: avrei commesso un atto illegittimo. Un abuso in atti d’ufficio. Il sindaco non può agire in atti amministrativi. Mi subissava di messaggi e mail con minacce e ricatti. “Metti a cuccia chi sai tu, altrimenti mi preparo per la guerra”, mi ha scritto in uno dei tanti. Io non mi sono piegato e sono andato avanti. In un altro, parlava di “uno sculaccione non richiesto”. Tutto il materiale è stato consegnato ai carabinieri. A ogni sua denuncia, ne seguiva una mia. È una storia che va avanti da un anno. Ha accusato tutti di tutto. Fino al post su Facebook. Che mi ha fatto saltare dalla sedia, mentre ero in ambulatorio. Me l’ha girato la segreteria alle 8.57. Non volevo credere ai miei occhi. Io amo lavorare e scherzare con i dirigenti, non certo denunciarli alla magistratura, ma con lei mi sono dovuto difendere – continua Nizzi –. Ho sempre evitato di incontrarla da sola perché temevo potesse fare azioni che potessero nuocermi. Solo una volta, tempo fa, l’ho incontrata e le ho consigliato di stare serena, di non stare sempre in guerra con i colleghi. Spero che tutto venga chiarito quanto prima. Per me è fin troppo chiaro». (t.s.)

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