La Nuova Sardegna

Olbia

Anestesisti sull’orlo del baratro

di Marco Bittau
Anestesisti sull’orlo del baratro

Solo 8 in servizio all’ospedale Giovanni Paolo II e con l’area Covid senza rinforzi si rischia il collasso

24 novembre 2020
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OLBIA. Anestesisti e rianimatori rompono il silenzio assordante che avvolge l’ospedale Giovanni Paolo II al tempo del Covid. Raccontano la difficoltà e l’angoscia del momento, con la sanità olbiese che barcolla sotto la pressione della pandemia. E lo farebbero mettendoci anche il nome e la faccia, ma le direttive dell’Ats Sardegna sono rigide e nessuno può parlare senza finire poi “sotto processo” davanti a una commissione disciplinare. Allora non resta che raccontare al cronista.

Il punto di non ritorno è segnato dalla cosidetta “zona grigia”, l’area Covid allestita nell’ospedale dove i pazienti dovrebbe sostare brevemente (massimo 72 ore) in attesa di un posto letto nei Covid hospital, che però ormai non si trova quasi più. Così finiscono per restare lì anche dieci giorni. Di fatto, un vero e proprio reparto in più da gestire e nessun rinforzo in organico per prendersene cura.

Al momento la situazione è questa: l’ospedale Giovanni Paolo II versa in una grave e allarmante situazione di criticità dovuta alla carenza soprattutto di anestesisti rianimatori. In trincea sono rimasti solo in otto, a fronte di un organico che ne prevede almeno il doppio. A causa dell’ormai cronica carenza di personale il loro lavoro è normalmente infaticabile, ma di fronte all’emergenza oggi è diventato insostenibile. Recentemente, nell’attuale scenario d’emergenza da pandemia, per gli anestesisti dell’ospedale di Olbia riuscire a garantire la copertura dei servizi essenziali è diventato di giorno in giorno sempre più difficile. Non solo per la progressiva riduzione del numero di medici in servizio effettivo, ma anche per il contestuale aumento dei carichi di lavoro. L’esiguo numero di unità in servizio è in grado di garantire l’assistenza anestesiologica per urgenze chirurgiche differibili e indifferibili, l’assistenza ai malati della terapia intensiva di rianimazione, dotata di 6 posti letto, l’emergenza intraospedaliera, tutti i codici rossi che arrivano al pronto soccorso e la stabilizzazione dei pazienti Covid che necessitano di intubazione e ventilazione meccanica, fino al trasferimento nelle rianimazioni Covid.

È evidente che si lavora a ritmi forsennati, con il fiato in gola, ben sapendo che un secondo di ritardo può significare l’irreparabile. Questo perché l’anestesista rianimatore deve trovarsi in sede e agire immediatamente. In questo momento, con l’inasprirsi dell’emergenza, al Giovanni Paolo II la situazione rischia di precipitare. Da una parte l’imminente saturazione dei posti letto nei Covid hospital di riferimento, dall’altra la sempre più frequente necessità di ricoverare i malati Covid nella “zona grigia” dell’ospedale. A questo punto è impossibile per gli anestesisti rianimatori garantire nello stesso tempo i servizi minimi e la presenza costante (24 ore su 24) nell’area Covid.

A questo proposito, gli stessi medici raccontano che negli ultimi giorni si stanno verificando diverse urgenze che richiedono l’intervento del rianimatore in area Covid o nell’area di isolamento in tenda e che obbligano il medico di guardia ad abbandonare l’assistenza ai ricoverati in Rianimazione, mentre l’anestesista è impegnato in sala operatoria per garantire le urgenze indifferibili del Blocco parto o della Chirurgia. Inoltre i protocolli Covid richiedono procedure specifiche di vestizione-svestizione e di rispetto dei percorsi di distanziamento che impediscono un immediato spostamento per far fronte all’urgenza-emergenza.

In questa babele di gente che corre e tempo che sfugge la figura dell’anestesista è centrale, indispensabile, perché ovviamente nessun medico chirurgo o del pronto soccorso ha dimestichezza con i caschi per le Cpap o la ventilazione non invasiva. Loro ci devono essere sempre, punto. Da qui l’appello che i medici e le loro organizzazioni sindacali da tempo rivolgono alla politica regionale – non alla Assl, che nulla può – per potenziare il numero degli anestesisti. Chiedono interventi immediati per trasferire unità da presidi esterni alla Assl di Olbia in modo da allineare la sanità gallurese con quella di Sassari, Nuoro, Oristano e Cagliari.

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