La Nuova Sardegna

Olbia

“Predator”, scatti sociali al femminile

di Paolo Ardovino
“Predator”, scatti sociali al femminile

A Caterina Notte la “call for proposal 2020” della “Mostra contemporanea”

15 dicembre 2020
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OLBIA. Il progetto si intitola “Predator” e a un primo sguardo verrebbe facile capire i ruoli: il predatore è lo spettatore, la preda il soggetto immortalato. E invece è il contrario. Nelle fotografie di Caterina Notte le ragazze raffigurate hanno il volto avvolto da bende, ora sono austere, ora serafiche, ora hanno un’espressione oscura. La serie di scatti si è aggiudicata la “call for proposal 2020” del progetto curatoriale “Mostra contemporanea” di carattere internazionale. È un lavoro che mette al centro il corpo femminile e, forse anche senza troppo volerlo, da ricerca artistica è diventato di carattere sociale.

L'immagine femminile. La fotografa, Caterina Notte, è molisana d’origine ma ormai da molti anni vive a metà tra Olbia e Monaco di Baviera. Il suo percorso comincia dal video, si sposta sulla performance e approda nella fotografia. Il progetto “Predator”, invece, parte da lontano, dieci anni fa l’idea coinvolge in un primo momento il mondo dell’infanzia. Poi la lente si sposta sul corpo femminile, «a lungo esplorato ma forse solo in alcune direzioni ben precise – così la fotografa –. Dalla pubblicità alla moda, il corpo della donna è stato invasivo e imperante e nell’arte protagonista di dimensioni attraversate dal dolore, dalla reazione, dal recupero dei propri diritti di donna. Ma tutto ciò portava sempre e solo in una direzione: la produzione di un’immagine del corpo femminile in funzione della sola visione maschile». La carne e la sessualità sono i leitmotiv che accomunano le sue foto e i soggetti delle sue foto. Che non si rifanno a un piacere della sessualità, come dagli scatti in bianco e nero di Helmut Netwon in poi.

Prede e predatrici. È semmai una «riscrittura della debolezza», dice Caterina Notte: «La serie nasce dall’idea dell’impossibilità di essere deboli. Le bende che nascondono la carne, lasciano spazio a occhi e mani che sono rapaci, determinati, estranei da quel corpo che dovrebbe apparire indebolito. La preda diventa predatore – commenta –. La carne mi interessa ma qui nell’assenza del sangue e del teatro di guerra esibito». E a un primo sguardo sono fotografie inconsuete, certo dev’essere una sfida trovare anche modelle disposte a ritrarre completamente, o quasi, bendate. Ma non è un solo posare, chi lo fa accetta di far parte di una serie che vuole tentare di riscrivere certi canoni e certe chiavi di lettura.

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