La Nuova Sardegna

Olbia

«Io, postina di campagna della vecchia scuola»

«Io, postina di campagna della vecchia scuola»

Maurizia Bonannini da anni distribuisce la corrispondenza in stazzi e frazioni «Ho imparato dai colleghi: la consegna è sacra anche nei luoghi più sperduti» 

06 aprile 2021
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PALAU. Consegna la corrispondenza nelle campagne di Palau da molti anni e si definisce una «postina di campagna, della vecchia scuola…». Porto Pollo, Capannaccia, Barrabisa, L’Isola dei Gabbiani, ma anche Lu Stazzareddu, Monti Canu, Maltineddu e Lu Rotu: sono le località, poco abitate durante l’anno ma molto conosciute dai turisti, servite da Maurizia Bonannini, 51 anni, sposata, una figlia di 16 anni, in Poste Italiane dal 2005. Amante degli animali, ha una passione sfrenata per i suoi tre cani che accudisce e e porta in giro, non appena ripone la borsa e giubbino fosforescente da portalettere. «Ho imparato dai colleghi anziani il mestiere del recapito – spiega la portalettere – da quelli della vecchia scuola per intenderci, per i quali la consegna era sacra e bisognava sempre portarla a termine anche nelle località più sperdute. In molte località in cui svolgo il mio lavoro la nostra figura è ancora un punto di riferimento per tanti e, specialmente per i più anziani, siamo un piccolo contatto con il mondo. Ci sono pochi servizi e incontrano poche persone, con alcuni si stabilisce un legame particolare: spesso si rivolgono a me in gallurese, in modo confidenziale, magari parlando dalla finestra. E io rispondo in gallurese, per quanto possibile. Molti mi conoscono da tanti anni, c’è un rapporto speciale». Si diventa quasi persone di famiglia. «Gli utenti – prosegue Maurizia – ci mostrano spesso a parole la loro riconoscenza per il lavoro che facciamo, e talvolta lo fanno anche con qualche piccolo omaggio, come nel caso di una signora che di recente mi ha regalato delle uova fresche. Soprattutto, in pandemia molte persone hanno pochi contatti con l’esterno e il portalettere può essere il tramite con il mondo la fuori». Non mancano gli episodi curiosi. «Di recente – racconta la postina – ho sentito in lontananza un rumore sordo e delle voci, come di qualcuno che stava percuotendo qualcosa e chiedeva aiuto. Con altri passanti, ci siamo avvicinati a un furgone fermo davanti a uno dei civici ai quali stavo recapitando la posta. C’era una persona bloccata all’interno, nel retro, senza possibilità d’uscita: mentre scaricava merce, non avendo fissato a dovere il portellone per tenerlo aperto, era rimasto chiuso dentro per via di una forte folata di vento. Attendeva soccorsi da oltre mezz’ora. Ci ha ringraziato in tutte le lingue del mondo e ci ha anche confessato di essere stato preso dal panico». Il lavoro di Maurizia Bonannini non si è mai interrotto, neppure durante il lockdown della scorsa primavera. «In quel periodo – spiega – è cambiato molto, soprattutto nel rapporto con l’utenza. Chi prima mi veniva incontro, da quel momento ha avuto un po’ di remore in più ad avvicinarsi. Amo molto il mio lavoro e ho vissuto la prima fase della pandemia con un po’ di timore, nonostante ci avessero dotato fin da subito di tutti i dispositivi di protezione, come gel, guanti e mascherine. I nostri responsabili ci hanno spiegato come comportarci. È stato difficile far abituare le persone, in particolare quelle di una certa età ai nuovi distanziamenti. C’è voluta tanta pazienza, non era semplice all’inizio, anche se io tendo sempre a sorridere, a sdrammatizzare. Però ho detto: così deve essere, così ci dobbiamo abituare, così dobbiamo lavorare e così lavoriamo. Il lavoro era un po’ più triste del solito: in giro nelle campagne c’ero soltanto io, i “miei” asinelli e le “mie” capre. Ma è stato importante anche soltanto uscire per lavoro, respirando aria pulita, mi sono sentita fortunata». (r.o.)

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