La Nuova Sardegna

Olbia

«In pensione con la mia stazione»

di Dario Budroni
«In pensione con la mia stazione»

Il ferroviere Puggioni lascia il lavoro dopo 40 anni. Negli stessi giorni finisce l’era dell’antica struttura

04 dicembre 2021
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OLBIA. Il futuro viaggia sui binari della storia. 140 anni si percorrono in cinque minuti a piedi. Dalla palazzina con i mattoncini arancioni fino alle linee biancorosse della nuova stazione: il passo sembra breve, ma in mezzo c’è tutto un mondo fatto di acciaio, locomotive, passeggeri, treni merci, mestieri di una volta e ricordi in bianco e nero. La stazione olbiese, inaugurata nel lontano 1881 quando Terranova era solo un piccolo agglomerato che ruotava attorno al campanile di San Paolo, si prepara ora ad andare in pensione. Tra qualche giorno, probabilmente il 16 dicembre, sarà soppiantata dall’avveniristica struttura costruita poco più in là, alle spalle di viale Vittorio Veneto. Si chiude un’era. Per la città innanzitutto, ma in particolare per chi, in questi spazi, ci ha passato la vita. Come Mario Puggioni. Ferroviere di lungo corso, così come lo furono il nonno Salvatore Antonio e il padre Francesco, se n’è andato in pensione solo tre giorni fa, anticipando di pochissimo la sua vecchia e cara stazione. «Fa un certo effetto – ammette il ferroviere –. Per me, come per tanti altri, tutto questo ha rappresentato la vita. Poi noi siamo ferrovieri da tre generazioni. Da ben cento anni: mio nonno, infatti, fu assunto tra il 1920 e il 1921».

La storia sui binari. Mario Puggioni, classe 1959, a sua volta assunto nel 1982 come capo stazione e andato in pensione come responsabile della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di tutta l’isola, è la guida perfetta. Tra auguri e manifestazioni di stima dei colleghi, da neo pensionato si aggira lungo i binari e riavvolge il chilometrico nastro dei suoi ricordi. «Sono nato qui vicino, in una palazzina dei ferrovieri che si trova in via Vittorio Veneto – racconta –. E i ricordi di quando ero bambino sono davvero tanti, dalle colonie estive fino ai giochi davanti ai binari». Attorno a lui, nell’area della vecchia stazione, c’è una galassia di strutture che per tutti gli altri non hanno niente di speciale. Ma non per i ferrovieri come lui, che di questa sorta di quartiere dei treni conosce vita, morte e miracoli. Mario Puggioni indica magazzini in disuso, foresterie chiuse, depositi, abitazioni vuote e in qualche caso ancora abitate. Nel grande parcheggio della stazione – spiega – si scaricavano i materiali e un tempo ci passava anche un vecchio binario. I ferrovieri lo avevano ribattezzato binario Maria, dal nome di una donna che in passato aveva lavorato in una casa chiusa della città. «Quella che si vede in mezzo ai binari, con le strisce gialle e nere, era invece la colonna dell’acqua – racconta –. Serviva per fare il pieno dell’acqua delle locomotive a vapore. È un pezzo molto antico».

Verso il futuro. Mario Puggioni punta poi verso il passaggio a livello. Supera i binari e arriva in via Vittorio Veneto. Sulla sua sinistra è ancora tutta una sfilata di strutture per ferrovieri: case, palazzine, il dopolavoro, il vecchio dormitorio da poco acquistato all’asta dal Comune. «Questi stabili, un tempo, erano molto vissuti» sottolinea. Subito dopo, e sempre sulla sinistra, tra le case sbuca infine lei: la nuova stazione, chiamata Olbia Terranova. Bianca e con una enorme tettoia rossa: è il futuro che cambia il volto a un’area da troppo tempo divorata dal degrado. Mario Puggioni si guarda attorno e la osserva a lungo. Lui, qui, non ci lavorerà mai. Il suo lavoro finisce insieme a quello della vecchia stazione. «Se mi dispiace? Questo mestiere, per molti affascinante, è stato tutto per me – confessa –. Mi ha dato la possibilità di conoscere molte persone, da coloro che la notte cercavano riparo in stazione fino alle numerose autorità. Ma alla fine sono contento. Quarant’anni di lavoro possono bastare». Le ferrovie, in ogni caso, resteranno là, nel cuore e nella storia di famiglia. «I miei figli faranno altro, ma mia moglie, Paola, è ancora lì, pure lei in ferrovia. Anzi, adesso vado a portarle un saluto» dice prima di allontanarsi, ancora una volta verso la sua stazione.

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