La Nuova Sardegna

Olbia

Tempio, lavoro clandestino: la maxi inchiesta svanisce dopo 16 anni

di Marco Bittau
Tempio, lavoro clandestino: la maxi inchiesta svanisce dopo 16 anni

Assoluzione per due imputati, prescrizione per gli altri tre. Arrestati nel 2006 per l’impiego di 20 romene nei night club

02 giugno 2022
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OLBIA. I casi di archeologia giudiziaria sono più che frequenti nel tribunale di Tempio. L’ultimo in ordine di tempo è anche uno dei più clamorosi: 16 anni di inchieste e processi per poi giungere a una sentenza di assoluzione per due imputati (Italo Maciocco e Antonio Stefano Casu) e alla prescrizione per la maggior parte dei capi d’imputazione che riguardavano altri tre imputati (Bruno Ballore, Paolo Turis e Isabella Chudzinska). Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e impiego di lavoratori senza regolare permesso di soggiorno, cioè non proprio bruscolini.

Ieri il tribunale di Tempio in composizione collegiale (presidente Caterina Interlandi) ha spazzato via tutto. Assolti perché il fatto non sussiste Casu (difeso dall’avvocato Luca Tamponi) e Maciocco (difeso dagli avvocati Christian Cicoria e Tommaso Masu), che erano accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per tutti gli altri, accusati di favoreggiamento della permanenza di immigrati clandestini e di utilizzo di lavoratori senza permesso di soggiorno, è stata dichiarata la prescrizione. Si tratta di Ballore (difeso dall’avvocato Guido Da Tome), Turis (avvocato Giovann Azzena) e la Chudzinska (avvocato Cinzia Tirozzi).

Questo è il nulla che resta dell’inchiesta che nel 2006 a Olbia aveva coinvolto un'impresa di pulizie che prestava servizio in un paio di night club. Seguendo il filone dello sfruttamento dell'immigrazione clandestina, i carabinieri avevano arrestato quattro persone, accusate di avere impiegato nei circoli privati cittadini una ventina di ragazze rumene, tutte clandestine e giovanissime (tra 18 e 20 anni), facendole vivere in condizioni igieniche precarie in uno scantinato nella centralissima via Vittorio Veneto. In carcere a Sassari erano finiti Antonio Stefano Casu, allora 43 anni di Ozieri ma residente a Berchidda, allevatore, titolare dei night club “Diamante” e “Sagittario”, alle spalle qualche precedente per reati contro la persona e il patrimonio; Italo Macciocco, allora 35 anni di Olbia, barista, gestore del “Sagittario”, già noto alle forze dell'ordine per precedenti specifici; Bruno Ballore, allora 55 anni di Mamoiada, barista pure lui, che seguiva per conto di Casu il night club “Diamante”; infine Paolo Turis, 38 anni di Ozieri, falegname, uomo di fiducia di Casu, indicato come presidente dei due circoli e incaricato di curare gli spostamenti delle ragazze dalla casa ai night club. Coinvolta nell’indagine anche Isabella Chudzinska, implicata nello sfruttamento di alcune ragazze romene in un’impresa di pulizie che operava con enti pubblici e alberghi della Costa Smeralda.

Proprio dalle attività sospette di Isabella Chudzinska era partita l’indagine. Pedinamenti e intercettazioni con l'impiego di sofisticate tecnologie avevano portato i carabinieri verso i due night club di Olbia dove le giovani donne venivano impiegate come “accompagnatrici”. Secondo l’accusa, le venti romene vivevano (insieme ad altre nove connazionali) stipate in uno scantinato di via Vittorio Veneto in uso ad Antonio Casu. Qui le donne erano sistemate in quattro piccoli ambienti e dormivano su letti a castello e materassi sistemati in ogni spazio libero. Dall'esame delle singole situazioni era emerso che per il lavoro di “accompagnatrici” ricevevano un compenso (in nero) di 25 euro al giorno. Il valore poteva raddoppiare per quelle che riuscivano a convincere i clienti a fare più di sette consumazioni. Le venti donne erano state accompagnate in caserma per il completamento degli accertamenti. Alcune erano giunte in Sardegna da qualche settimana, altre erano in Italia da tempo. Nessuna di loro era in regola con il permesso di soggiorno.

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