La Nuova Sardegna

Olbia

Una città e le sue storie
Una città e le sue storie – Olbia

Olbia, i ricordi del ristoratore Nino Sini: «Io e quelle cene con star e potenti»

di Dario Budroni
Nino Sini nel suo ristorante Nino's a Pittulongu
Nino Sini nel suo ristorante Nino's a Pittulongu

Originario di Monti, classe 1949, è uno dei pionieri dell’accoglienza: «Volevo fare il ragioniere, poi arrivò il turismo»

31 maggio 2024
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Olbia. A qualcuno potrà anche sembrare un po’ blasfemo, ma a lui quel dipinto ormai sbiadito è sempre piaciuto. In fin dei conti lo rappresenta in tutto e per tutto: lui se ne sta seduto al centro con i baffi ancora neri e una bella spaghettata davanti agli occhi, mentre alla sua destra e alla sua sinistra siedono i fedelissimi discepoli della sua cucina. Ci sono Sergio Leone, Paolo Villaggio, Francesco Cossiga e Marta Marzotto. C’è pure Macri, il presidente del Boca Juniors. Tutta gente di questo tipo, insomma. L’unico autoctono è Antonio Satta, l’ex sindaco di Padru e per qualche tempo anche parlamentare. Ah, c’è anche lo scultore Mario Ceroli, che il dipinto lo ha in parte realizzato, inseme ad altri angoli del locale. Tutto vero: Nino Sini non è uno che ama spararle grosse e, per chi non ci crede, ci sono centinaia di fotografie a testimoniare le indimenticabili cene apparecchiate sui tavoli del suo ristorante. E cioè il Nino’s, che si affaccia sulle sfumature azzurre di Pittulongu e i profili calcarei di Tavolara. E dunque eccolo qui l’uomo che ne ha davvero viste di tutti i colori: barba bianca, volto abbronzato e una valanga di aneddoti e ricordi di un certo tipo. «Questo stava con quella, qui invece sedeva lui, mentre lei è la madrina del ristorante» dice puntando il dito contro le fotografie appese alle pareti del suo locale. Uno dei primi potenti con cui ha incrociato lo sguardo? Roba da guerra fredda: Leonid Breznev, capo dell’Unione sovietica. Fu durante un ricevimento a Bonn, ai tempi capitale della Germania occidentale. «Il cancelliere tedesco era Willy Brandt – ricorda Nino Sini –. Si stava impegnando per normalizzare i rapporti con il blocco dell’est. E così invitò Breznev a Bonn. Io ero lì, ero ancora un ragazzino, e riuscii a farmi autografare il menù dal leader dell’Urss». La prova materiale è però andata perduta. «Mostrai l’autografo a un mio amico giornalista. Purtroppo lo tenne per sé» sorride Nino prima di passare all’aneddoto successivo.

Da Monti e Breznev. Classe 1949, originario di Monti e proveniente da una famiglia di commercianti e proprietari terrieri, Nino Sini è ristoratore e albergatore. In città è uno dei pionieri assoluti nel mondo del turismo e dell’accoglienza in generale. Le tracce sono un po’ dappertutto. Basti pensare allo storico Bar Mary di piazza Regina Margherita, che ha mollato ormai da una vita. «Mary è Maria, cioè mia moglie» specifica. La sua creatura più grande e alla quale è più legato è però il ristorante che porta il suo nome: Nino’s, a Pittulongu, con annesso Hotel Stefania, che si chiama invece come la figlia. Ma prima di arrivare ai giorni d’oggi tocca fare un lungo salto indietro. E quindi tornare al Nino Sini fresco di licenza media. «Volevo fare il ragioniere – racconta –. Ma mia zia, che insegnava a Sassari, mi disse: “È inutile che tutti vogliono fare il geometra o il ragioniere, vai all’alberghiero di Arzachena”. Era il 1966, l’avevano aperto da un anno. La Costa Smeralda era appena nata. Il primo anno dormivamo all’Hotel Cervo e mangiavamo a Su Marineri. Poi, più tardi, insieme ad altri ragazzi andai a fare quello che oggi chiama master, a Losanna. Servì per sgrezzarci, per raffinarci un po’. Quando ottieni certificati di questo tipo ti si aprono le porte del turismo in tutto il mondo. Così ho lavorato anche a Ginevra e Francoforte, presentando la cucina tedesca un po’ dappertutto». E fu proprio in quel periodo – precisamente era il lontano 1973 – che Nino Sini incontrò Leonid Breznev. «La cena di gala la prepararono i russi e io, il giorno dopo, riuscii a farmi autografare il menù della serata. A un certo punto mi avvicinai a lui: era circondato dagli uomini del Kgb, ma Breznev fece un cenno e mi lasciarono parlare».

Ritorno a Olbia. Da luogo di passaggio a città dove passare le vacanze. La storia personale di Nino Sini si intreccia un po’ con quella di Olbia. «Beh, è cambiata molto nel corso dei decenni – dice lui seduto a un tavolo del suo ristorante –. E una scelta importante, da parte di chi amministrava allora la città, fu quella di dire no al famoso petrolchimico che sarebbe dovuto sorgere nel golfo negli anni Sessanta. Ci sono voluti comunque decenni per trasformare Olbia. Adesso è sicuramente più bella e accogliente. È una città turistica, l’offerta è migliorata. Un cambiamento che, però, deve proseguire. Soprattutto dal punto di vista culturale. Ma la strada è quella giusta: ricordo che un tempo a Olbia c’erano pochissimi intellettuali e laureati, adesso non è più così». Nino Sini parla di Olbia perché, dopo le esperienze giovanili a spasso per l’Europa, è qui che ha concentrato il grosso delle sue attività, tra bar, ristoranti, hotel e anche discoteche nei dintorni. Anche in questo caso si legge molto la trasformazione della città: «All’inizio i bar erano zilleri, pian piano anche loro sono cambiati». Nel 1974, comunque, la sua prima creatura. «Tornai a Olbia e aprii il ristorante Su Rudigliu» ricorda Sini. Qualche tempo dopo, invece, la scelta di puntare su Pittulongu. Ovviamente era tutto diverso da oggi. Il borgo praticamente quasi non esisteva e la spiaggia era ancora rigorosamente quella degli olbiesi. O quasi. «Questa era la zona dei belgi – spiega Nino Sini –. Le loro proprietà arrivavano fino a Golfo Aranci e così realizzarono diverse strutture. Anche La Playa era belga. Mentre qui, dove sono io, c’era un loro ristorante che si chiamava Domus de mare. Era già chiuso e abbandonato: lo comprai e, dopo anni di lavori, finalmente lo inaugurai. Abbiamo sempre puntato sui piatti di terra e naturalmente di mare. In cucina c’era una donna di Monti. Grazie a Dio riuscii a portare nel mio locale le persone più ricche e più importanti del mondo di allora. Per me è ancora oggi una soddisfazione». Anni dopo, invece, l’apertura dell’Hotel Stefania.

Il regno di Nino. Appeso a una parete del ristorante, arredato e costruito secondo uno stile mediterraneo che strizza l’occhio a quello smeraldino, c’è un vecchio ritaglio di giornale italiano, che a sua volta parla di un articolo comparso sul Time Magazine verso la fine degli anni Ottanta. C’è scritto che il critico gastronomico della rivista americana dedicò al Nino’s «la pole position come il ristorante più caro d’Italia, a pari merito con Gualtiero Marchesi». Il conto più salato fino ad allora? «Sedici milioni. L’ha pagato, senza battere ciglio, Hariri, un arcimiliardario libanese. Erano in 35: hanno divorato tartufi, datteri, ostriche, granzeole e aragoste». La situazione, da Nino’s, era insomma questa. Rafiq al-Hariri, imprenditore tra i più ricchi al mondo e poi primo ministro del Libano, è stato solo uno dei tanti clienti del ristorante di Pittulongu. Le fotografie che Sini conserva con cura lo dimostrano. C’è per esempio uno scatto autografato da Gianni Agnelli. E poi Karim Aga Khan con figlia e fratello, Silvio Berlusconi, la famiglia Bulgari, Bettino Craxi, Carlo De Benedetti, Adnan Khashoggi, Mohamed Al-Fayed, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, la moglie dell’imperatore del Giappone, Marta Marzotto, che fu la madrina del ristorante. C’è anche Carlos Slim, messicano, per anni l’uomo più ricco al mondo e adesso maggiore azionista del New York Times. «Per anni e anni ho consumato 70 chili di aragoste al giorno – ricorda Nino Sini –. Ho avuto i proprietari delle maggiori aziende automobilistiche del mondo, i presidenti delle squadre di calcio. Tutta gente che veniva in vacanza a Porto Cervo o a Porto Rotondo e che io riuscivo a portare qui a Pittulongu. E poi tanti attori, attrici, industriali. Ho ospitato cinque primi ministri italiani, compreso Ciriaco De Mita». Tra i migliori clienti sicuramente il gruppo dei genovesi: Fabrizio De André, Paolo Villaggio e Beppe Grillo, quando era ancora solo un comico. «Con loro mi divertivo, erano simpatici». In bella vista c’è poi il banco del bar realizzato, in legno, da Mario Ceroli. «Mi disse: ti devo fare un regalo. Per me è come un fratello». Certi tempi, comunque, sono ormai tramontati. «Purtroppo molta di questa gente non c’è più» sospira Nino Sini. Ma il suo ristorante, insieme al suo albergo, è ancora qui a Pittulongu, riadattato ai tempi. La nuova stagione è ai nastri di partenza e i primi turisti, soprattutto stranieri, sono già arrivati.

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