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Olbia, il Csm a rischio chiusura e il centro diurno che non esiste più

Olbia, il Csm a rischio chiusura e il centro diurno che non esiste più

L’allarme delle famiglie: «Era un aiuto prezioso. Salute mentale dimenticata, niente più laboratori e progetti»

09 giugno 2024
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Olbia. Centro di salute mentale: il grido d’allarme arriva forte dalle famiglie. Dopo la notizia di un Csm a rischio chiusura a causa del trasferimento di diversi specialisti nel reparto dell’ospedale e dell’assenza per malattia, degli ultimi due rimasti, i familiari dei pazienti sono disperati. «Hanno mandato a Olbia due psichiatri da Tempio per cercare di coprire i turni a rotazione, ma è una soluzione tampone. Ricordiamo che ci sono 2500 pazienti nel territorio che non possono più essere seguiti in modo adeguato. Ma c’è un altro aspetto che per noi è fondamentale: la cura delle persone affette da disturbi psichici, non può essere data solo dalla terapia farmacologica, ma anche da un costante ascolto e sostegno per non escluderle dalla vita sociale. E qui possiamo dire: c’era una volta il centro diurno che, con l’alibi della pandemia, è stato chiuso e mai riaperto». Proprio il centro diurno (realtà in cui operava l’associazione “Insieme Oltre il Muro”, guidata a lungo da Antonietta Demurtas e scomparsa meno di un anno fa), era un luogo per «accogliersi e accertarsi così come si è, confrontarsi e volersi bene – continuano le famiglie –. I medici psichiatri, gli educatori, i volontari dell’associazione e i familiari operavano in sinergia affinché la persona, e non il malato, fosse una risorsa da valorizzare creando spazi culturali e creativi».

I progetti. «Si accoglievano ogni giorno anche 40 ragazzi e con loro si ascoltava buona musica, si leggeva un libro, si mangiava insieme, si dialogava e si faceva festa. I progetti attivati dall’associazione erano davvero tanti – proseguono le famiglie –: si portavano i ragazzi in viaggio, si insegnava loro a cucinare, si organizzavano laboratori di cucito, di arte, di pittura, di ceramica. Senza dimenticare che molti ragazzi hanno potuto praticare diverse discipline sportive. I centri diurni, nel loro piccolo, dimostravano che la condivisione di progetti e la collaborazione di medici, volontari ed enti locali, potevano sopperire alla mancanza di attenzione verso la salute mentale».

La testimonianza. Si è fatta avanti anche una paziente che soffre di disturbi psichici non gravi e che ha cominciato a frequentare il centro di salute mentale dalla sua nascita «quando si trovava ancora a San Simplicio – racconta –. Io ho fatto anche parte del primo gruppo di mutuo aiuto: uomini e donne di tutte le età che si riunivano, si confrontavano, parlavano senza vergogna e senza pregiudizi dei problemi di cui soffrivano. Ecco, lo stare insieme e il continuo dialogo erano un aiuto prezioso da affiancare alle terapie farmacologiche. Ed è stato proprio questo lo spirito che ha animato il centro diurno. Certo, ci sono gli esperti di riabilitazione, la psicologia e l’educatrice che fanno ciò che possono, ma mancano gli psichiatri e i volontari dell’associazione. Il mio appello, da paziente, è di far ripartire il centro diurno. Questo vorrebbe dire far sorridere di nuovo i tanti pazienti del Csm che, ora, si sentono abbandonati». (s.p.)

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