La Nuova Sardegna

L'intervento

Spopolamento in Sardegna, senza risorse non si ferma

Sandro Roggio
Spopolamento in Sardegna, senza risorse non si ferma

Tra gli obiettivi dell'Europa unita c'è il superamento dello svantaggio geografico e demografico, impedimento alla crescita economica. Ma nessuno ha invocato le politiche di coesione con la necessaria determinazione

22 novembre 2019
4 MINUTI DI LETTURA





La dichiarazione di uno stato d’emergenza m’inquieta sempre, per quanto le sciagure facciano parte della storia del Paese. E sia capitato nei secoli e negli anni recenti di vederle e rivederle le immagini terribili di calamità naturali come i terremoti; e di quelle non esattamente endogene, come le frane o le inondazioni, prodotte dal malgoverno del territorio da cui dipende una gran parte di dissesti idrogeologici dappertutto. Agli interventi eccezionali della Protezione civile segue sempre l'inerzia. Ovvero la propaganda sul fare-faremo, il retropensiero volto alla realizzazione di dispendiose opere, utilissime agli appaltatori dei lavori, spesso a discapito delle attività di manutenzione. Come a Venezia: stop ai lavori indispensabili di pulizia dei canali – sempre disposti dalla Serenissima. Ma viva il Mose, 6 miliari spesi male e nell’incertezza che possa mettere al sicuro la preziosa città d’arte. Non c’è memoria di terremoti distruttivi in Sardegna (che parrebbe immune dagli eventi sismici). Ma non mancano nell’isola le distruzioni gravi, come quelle provocate da incendi spesso dolosi e disboscamenti che negli ultimi duecento anni hanno ridotto di oltre il 60% la superficie forestale.

C’entra, si sa, la mano pesante di saccheggiatori sardi e/o continentali: specie nelle alluvioni di Capoterra/Olbia/Uras dove si è capito che con l'incubo stabile del temporale in arrivo non è un bel vivere.

La Sardegna sott'acqua, è la ciclica brutta notizia, come in questi giorni. A chi osserva che i sardi sono in fondo favoriti dal clima mite, bisogna fare notare che pure la Sardegna – sprovvista di difese – convive con avversità meteo a volte eccezionali, tanto più disperanti nel quadro della ordinaria povertà, che sta svuotando la Sardegna, uno stato d' emergenza senza i soccorritori che arrivano nei film a lieto fine.

Qualcosa si poteva fare per contenere il processo avanzato di desertificazione sociale. Tra gli obiettivi dell'Europa unita c'è il superamento dello svantaggio geografico e demografico, impedimento alla crescita economica. Ma nessuno ha invocato le politiche di coesione con la necessaria determinazione: rivendicando risorse straordinarie per i sardi in mezzo al mare – pochi-poveri – sempre più propensi a lasciare la terra dove sono nati. Ma alla conclamata infrazione – come nel gergo UE – in danno di una sparpagliata comunità nessuno fa caso. Così l' ordinaria condizione di disgrazia provoca, dai-dai, uno stato di rassegnazione, anticamera di depressioni economiche difficilmente rimediabili. Perché sono sempre di più i giovani sardi che vorrebbero andar via – come Anna e Marco della canzone di Lucio Dalla – e che condannano le comunità di appartenenza alla privazione del futuro (si veda la ricerca degli studenti del liceo "S. Satta" di Nuoro, condotta con il sentimento giusto).

Stupisce che nei discorsi di qualche politico adulto lo spopolamento sia indicato come un fenomeno fatale, da tenere sotto osservazione dai demografi; con la somministrazione di palliativi, l'invocazione a "fare sistema" – uffa – per amministrare le privazioni: un ufficio intercomunale, una farmacia ambulante, o la superfibra. Corsi di launeddas gratuiti nei paesi morituri, secondo il solito fantastico assessore. Meglio di nulla? Sì, ma troppo poco perché si tratta di allarme vero. Un terremoto priva le popolazioni delle case come lo spopolamento le svuota e le condanna all'inutilità senza rimedio – come se fossero crollate. Il senso della vita svanito per mancanza di lavoro per il deficit di servizi essenziali: dai trasporti alla tutela della salute, all'istruzione, insomma il malessere profondo di cui ha scritto qui il direttore Antonio Di Rosa.

Ho deciso che non parteciperò più a mesti convegni contro lo spopolamento. Spiegando a generosi organizzatori di confronti sul tema, che senza risorse – in proporzione a quelle per la ricostruzione degli insediamenti abruzzesi – non ha senso continuare ad alimentare false aspettative su una questione di vita o di morte. O la borsa o l'estinzione. O importanti stanziamenti di denaro per l'occupazione nei crocevia della crisi demografica – spero nel comparto agropastorale –, o la invocata pianificazione sarà il solito pacco di carte inutili.

Non c'è tempo da perdere nell'attesa di riottenere la certificazione dell'insularità in Costituzione, obiettivo condiviso pure da chi ha responsabilità di governo nell'isola matrigna che condanna la partoriente di La Maddalena – isola-figlia – a diventare mamma in elicottero.


 

In Primo Piano
La polemica

Pro vita e aborto, nell’isola è allarme per le nuove norme

di Andrea Sin
Le nostre iniziative