La Nuova Sardegna

Buona e poco cara: riscopriamo l'acqua pubblica

Alfredo Di Girolamo
Buona e poco cara: riscopriamo l'acqua pubblica

Gli italiani spendono in media 15 euro al mese per il servizio idrico, ma la qualità dell'offerta non è omogenea in tutto il Paese

04 dicembre 2019
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La spesa media familiare degli italiani per la bolletta del servizio idrico è pari nel 2018 a circa 15 euro al mese (erano 13 nel 2017). E' questo il dato più sensibile contenuto nella ricerca che Utilitalia ha pubblicato nel consueto Blue Book, il rapporto sui dati del servizio idrico integrato in Italia. L'occasione per fare il punto sullo stato di questo servizio fondamentale, proprio mentre si discute di una possibile riforma a livello nazionale. L'acqua resta il servizio meno costoso che c'è: i rifiuti costano 20 euro al mese, i telefoni 55, l'energia elettrica 50, il gas 57.

Gli italiani spendono in media 12,5 euro al mese di acqua minerale, per comprarne 15 litri al mese, mentre con 15 euro comprano 10.000 litri di acqua dell'acquedotto. In Italia il 67% della popolazione è servita da operatori pubblici il 31% da società miste e il 2% è gestito da operatori privati. Nel nostro Paese usare il termine ripubblicizzazione non ha quindi alcun senso, dove l'acqua è già un bene pubblico: pubbliche le reti e gli impianti, pubblici i regolatori e quasi tutti i gestori. Secondo il Blue Book, le famiglie che non si fidano a bere l'acqua di rubinetto sono in progressiva diminuzione, dal 40,1% del 2002 scendono al 29,0% del 2018, per un numero complessivo di famiglie pari a 7,5 milioni.

Il fenomeno di poca fiducia nella cosiddetta "acqua del sindaco" presenta una marcata variabilità territoriale: si va dal 17,8% del Nord Est al 52,0% delle Isole, con la Sardegna che risulta essere la seconda regione con la più alta percentuale di chi non si fida a bere l'acqua del rubinetto: il 48,5%, dietro la Sicilia (53,3%) e davanti alla Calabria (45,2%). Variabile anche il livello di soddisfazione relativo alla rete idrica comunale: al Nord il livello di soddisfazione sfiora il 92%, Centro e Sud si attestano all'80% mentre nelle Isole si scende al 67%. A riguardo, da segnalare che la Sardegna è la seconda regione in cui la percentuale di famiglie poco soddisfatte supera quelle molto soddisfatte: 24,3% contro l'8,8%, dietro alla Calabria (26,6% contro 9,6%) e davanti alla Sicilia (22,7% contro 11,1%). Un dato significativo è che la tariffa idrica italiana continua ad essere fra le più basse d'Europa (poco più di 2 euro al metro cubo, contro un valore medio europeo di 4 euro), dunque, l'idea che il servizio idrico sia caro e occorra finanziarlo con la fiscalità generale non trova nessuno riscontro.Altro dato positivo è l'incremento degli investimenti in infrastrutture, passati da 30 euro ad abitante all'anno nel 2012 a 44,6 nel 2019, con un aumento del 24% negli ultimi 7 anni. Un trend in costante crescita. Migliorato anche il tasso di realizzazione degli investimenti programmati, arrivato all'87%. Un dato positivo ma ancora distante da quegli 80 euro ad abitante all'anno indicato come target europeo per un buon funzionamento delle infrastrutture e la loro manutenzione e conservazione nel tempo. Questa quindi la prima criticità da affrontare: aumentare la capacità di investimenti per superare i problemi esistenti: completamento della depurazione (anche per superare le procedure di infrazione europee cui siamo sottoposti, e per cui paghiamo multe salate), miglioramento della qualità dell'acqua e del servizio, riduzione delle perdite di rete, investimenti per contrastare i cambiamenti climatici.

Un aumento degli investimenti che sarà reso possibile da ulteriori aumenti tariffari e da risorse pubbliche previste dal Piano nazionale degli interventi strategici recentemente definito da Governo e Parlamento. La seconda criticità da affrontare è la divisione dell'Italia in due, con le regioni del Mezzogiorno e delle Isole in condizioni di forte arretramento in tutti i campi: frammentazione della gestione, prevalenti le gestioni in economia, pochi gestori industriali strutturati, mancata regolazione, tariffe alte per servizi di bassa qualità, pochi investimenti e problemi di qualità e di depurazione. Un vero problema nazionale che va affrontato, per un settore a cui non servono riforme ideologiche, bensì investimenti e politica industriale. (@degirolamoa)

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