La Nuova Sardegna

Non si fa politica pensando solo ai sondaggi

Stefano Sotgiu
Non si fa politica pensando solo ai sondaggi

Incendiare è più facile che costruire ma i problemi si risolvono con la pazienza e il ragionamento, mai con la pancia

12 dicembre 2019
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L'aeroporto di Alghero-Fertilia riparte. Le cronache di questi giorni portano buone notizie per il territorio del Nord Sardegna. Dopo la politica di rilancio dell'amministrazione regionale precedente, i voli da e verso il nostro territorio si moltiplicano ed emergono nuove opportunità di sviluppo. Non era difficile prevederlo. Bastava aspettare che le misure adottate sortissero qualche effetto. Ma non è l'unico caso. Si tratta dell'ennesima questione esemplificativa di una tendenza che è sempre esistita ma che è cresciuta esponenzialmente con il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione, specie social. Lo short termism, il guardare solo al breve periodo, al consenso che farà registrare il prossimo sondaggio, senza curarsi dei fondamentali sociali ed economici di un territorio, di un Paese, sta sabotando la nostra capacità collettiva di aggredire e risolvere problemi. E con essa, ciò che più preoccupa, la nostra fiducia che la democrazia possa realmente trovare risposte alle esigenze dei cittadini. Nei mesi abbiamo assistito a molte conferme sulla bontà di politiche e programmi che spesso, in precedenza, erano stati ferocemente contestati: dall'organizzazione della sanità, per la quale il nuovo modello non si discosterà, in sostanza, da quello precedente; alle politiche sociali ed educative, dove il modello Lavoras ed Iscol@ sembrano tenere.

Rimanendo alla Sardegna, c'è la questione latte, che doveva essere risolta in quindici minuti ed è invece ancora aperta, mostrando ancora intatta la sua complessità e confermando le difficoltà che in passato erano emerse per trovare risposte alle richieste dei pastori. Andando oltre, l'evidente fragilità delle tesi sui respingimenti del governo gialloverde, messe in crisi da una recente sentenza del Tribunale civile di Roma, l'insussistenza delle accuse al sindaco di Bibbiano Carletti e le precedenti pronunce del Tribunale di Bologna che escludevano qualsiasi sistema criminoso legato alle adozioni nel centro emiliano. Tanti casi, un unico filo conduttore: il sovranismo - ma in genere un'opposizione con pochi scrupoli dal punto di vista politico - fa del "brevetermismo" la sua arma più forte. E' consapevole del fatto che le misure dei governi richiedono tempo per sortire degli effetti e che spesso i dispositivi delle politiche sono articolati, di difficile messa in opera. Quindi, anche ostiche alla comprensione dei cittadini. Conscia di ciò, punta tutto sulla distruzione reputazionale di misure ed avversari, con argomenti semplici(stici) e di facile presa sulla "pancia" dell'elettorato. Questo tipo di opposizione produce consapevolmente, ogni giorno, una grande quantità di materiale per spingere sull'emotività delle persone. Non le interessa il ragionamento, non le importa stimolare la razionalità dell'opinione pubblica. Non le serve il ragionamento. Ha bisogno di far crescere il consenso per il sondaggio della prossima settimana appiccando "incendi".E, tra parentesi, ci sarebbe da osservare che una misurazione troppo frequente produce, forse, una politica che lavora solo per essa senza badare a lavorare sui fondamentali di un Paese. Non si tratta comunque di un tratto della sola opposizione.

Pare che il "brevetermismo" contagi anche forze della maggioranza. Non si spiega altrimenti l'ansia declaratoria di alcune sue componenti, che, fin troppo spesso, appaiono sui media. Governare, naturalmente, è tutt'altra cosa. I cittadini ne devono essere consapevoli. I problemi sono complessi e non possono essere risolti domattina. Serve duro lavoro, serve tempo. Non serve gridare ed imbonire. Promettere miracoli è sbagliato, fuorviante, poco serio. Riduce la politica ad un teatrino dell'assurdo. Una perenne campagna elettorale che non possiamo più permetterci. Eppure basterebbe poco per essere meno inermi di fronte a tutto questo: basterebbe chiedersi se chi alza così tanto la voce, o la posta, lo fa per interessi di parte o per il bene comune. Come i recenti movimenti di piazza ci chiedono di fare: non abboccare. La democrazia se ne gioverebbe.

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