Prescrizioni, due posizioni da conciliare
Il M5s ne vuole la sospensione dopo la sentenza di primo grado, Pd e Iv temono invece il "fine processo mai": le due tesi hanno pari dignità
La prescrizione è divenuta terreno di forte scontro politico anche tra alleati di governo, anche se stanno lavorando per evitare che produca la crisi. Il M5s e il ministro Bonafede non intendono retrocedere sull'entrata in vigore della riforma (sospensione del corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado) a inizio 2020. Sostengono che la Costituzione impone l'obbligatorietà dell'azione penale, e quindi della sua continuazione, mentre la prescrizione: tronca il processo per ragioni estranee al merito (il decorso del tempo); contrasta con il principio che la legge è uguale per tutti (consentendo un esito diverso a parità di imputazione); alimenta l'illegalità e l'allungamento dei processi. Il Pd e Iv di Renzi, invece, affermano che non si può lasciare un cittadino sotto processo a vita (fine processo mai), considerato che il processo è già una pena. Anch'essi si rifanno a un principio costituzionale, quello della ragionevole durata del processo. Il rifiuto del cd "ergastolo processuale" sembra rafforzato dopo che tanto la Corte europea dei diritti dell'uomo (sotto il profilo della inumanità del trattamento) quanto la Corte Costituzionale hanno posto in discussione la legittimità dell'ergastolo ostativo, pur comminato per gravissimi reati di mafia o di terrorismo.
La prima posizione parte dal principio della difesa sociale, soprattutto in un Paese, come l'Italia, ad alto tasso di illegalità diffusa. La seconda pone l'accento sui diritti dell'imputato, specie quando persino l'avviso di garanzia viene considerato una condanna anticipata. Chi ha ragione? Non ci sarebbero polemiche se fosse stata almeno presentata la riforma del processo penale posta come condizione per l'approvazione della norma sulla sospensione della prescrizione con il differimento della sua entrata in vigore al 1° gennaio 2020, anche se occorre dire che un anno era poco per il varo delle riforme dei due processi. Ma io credo che le due posizioni abbiano pari dignità. Bisogna lavorare perché la prescrizione sia evitata dal fisiologico svolgimento dei processi invece che dal decorso del tempo per impossibilità di concluderli. Il conflitto si supera se si riparte dalle situazioni che producono la prescrizione. Spesso la "notitia criminis" perviene a distanza di molto tempo dal reato; certi processi necessitano di molto tempo (perizie complesse, numerosi imputati, ecc.); a dispetto delle declamazioni viene alimentata l'ipertrofia del sistema penale, per cui non solo non si depenalizza, ma si aggiungono sempre nuove categorie di reato (e così il numero dei procedimenti cresce, non si fa in tempo a smaltirli e un numero crescente se ne prescrive); le regole procedurali sono spesso farraginose e produttive solo di ritardi; sono inadeguate le risorse a disposizione dell'apparato della giustizia in termini sia di personale (magistrati e cancellieri) sia di stanziamenti.
Se si vuole il componimento bisogna ricominciare dall'inizio, e non dalla coda. Insieme alla drastica riduzione dei passaggi procedurali e, quindi, della durata dei processi, uno Stato che si rispetti deve: decidere quali sono i beni essenziali da tutelare con norma penale, operando per le altre infrazioni una forte depenalizzazione con la comminazione di altre sanzioni, che possono essere parimenti severe (pecuniarie, interdittive, ecc.); fare ricorso a forme di giustizia riparativa che tengono il luogo della sanzione detentiva e riconciliano con l'ordine sociale; garantire una maggiore dotazione di risorse in favore della giustizia (solo dopo si potranno verificare responsabilità di magistrati non laboriosi). Il ministro della giustizia ha ereditato un apparato giudiziario quasi al collasso. Ma, avvicinandosi i due anni di governo, deve produrre questo sforzo. Altrimenti i principi nei quali egli crede, come molti di noi, rischiano di diventare meno difendibili.
Il cronoprogramma annunciato per l'inizio dell'anno nuovo può essere la sede per affrontare globalmente anche questo tema. Non casca il mondo se il nuovo corso sulla prescrizione viene differito di qualche mese: l'ipotesi diversa porrebbe molti problemi giuridici alla luce del divieto di retroattività di norme penali sfavorevoli.