La Nuova Sardegna

Anche a Natale le parole dicono ciò che siamo

Franco Manunta
Anche a Natale le parole dicono ciò che siamo

Se noi, vecchie chiese e vecchi popoli cristiani, sapremo restituire la parola ai poveri del mondo essi ci restituiranno una parola di Dio "risuscitata"

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Ogni giorno abbiamo a che fare con un mezzo semplice, a portata di tutti: la parola, le parole. Ci mettono subito in comunicazione con l'esterno, con l'altro, aprono una breccia, esplorano il mondo: implorano attenzione, chiedono aiuto, descrivono un evento, danno una versione personale dei fatti, esprimono giudizi, coltivano desideri, speranze. Niente è più duttile della parola, niente è più fragile, niente talvolta più pesante. "Parole come pietre", diceva don Primo Mazzolari per indicare il potere che le parole possono assumere per mettere in crisi una situazione, un mondo statico e consolidato. Dietro le parole è possibile cogliere l'avventura di pensiero, religione, scienza, con chiaroscuri, luci, scoperte, ma anche con abbagli, fisime, vuoti. Esse dicono quello che l'uomo sceglie. Dietro la parola è possibile cogliere l'avventura della libertà, della politica, dell'economia, tutto ciò che costituisce l'ambito dell'iniziativa personale e comunitaria dove ciascuno realizza quel mondo in cui dice di credere. Le parole si trasformano in vita.

Dare la parola è un compito immenso, come ben sanno i genitori, i maestri, i comunicatori: è come dare la vita, come contribuire alla crescita e alla maturazione delle persone, "possedere la parola" è un distintivo di uguaglianza e di libertà, come ha scritto don Lorenzo Milani nella «Lettera a una professoressa»; "vivere la parola" è un'esigenza etica, se si vuole che essa non sia insidiata dalla menzogna o dal cicaleccio o dall'artificio. Le parole che aprono alla vita, al pensiero, alle scelte, all'amore, vanno sempre difese e restituite alla gente (soprattutto ai poveri, direbbe don Mazzolari), contro tutti i poteri, gli arbitrii, le manipolazioni che rubano e spogliano uomini e donne di intelligenza, coscienza, responsabilità.

Per questo vanno rigettate le parole comandate, obbligate, manipolate che il potere, ovunque si annidi, nelle curie religiose e laiche, pronuncia per catturare il consenso, quando addirittura non abbia già deciso di far tacere o di soffocare ogni dissenso, ogni critica che ne metta in evidenza le prepotenze e gli sbandamenti. Non basta essere credenti per pronunciare parole di "salvezza", cioè capaci di far pensare, scegliere, amare. Non basta essere "predicatori della parola di Dio" (parlo soprattutto per me) per saper cogliere la bellezza che si nasconde dentro ogni parola di donna e di uomo, nel loro difficile itinerario verso la verità, la libertà, la tenerezza definitive. Non è, allora, interessante il fatto che il Dio cristiano sia, alla fin fine, "Parola"? Duttile, come una parola fragile, come una parola, ambivalente, come ogni parola umana, cioè sempre passibile di fraintendimento, incomprensione, tradimento? Il Dio cristiano si nasconde nelle parole, e come cercarlo, se non con una rinnovata attenzione a quello che hanno da dire le stesse parole in cui ci siamo perduti? Non ci sia di peso il fatto che la salvezza viene a ciascuno di noi solo con parole umane: il mistero di Dio si intrufola nei discorsi degli uomini, lì Dio si mette in gioco. È il senso più profondo della parola più importante del Vangelo di Natale: "La Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi" ( GV.1,14). Ciascuno si lasci incantare dall'immagine: "carne" significa la tua salute e bellezza, ma anche caducità e malattia, la tua forza e la tua debolezza; "carne" dice la felicità del sesso, ma anche la sua violenza, quando non si nutre di tenerezza; "carne" è anche la tua storia quotidiana fatta di speranze e di delusioni, progetti e paure; "carne" è il tuo lavoro, la tua fatica, il tuo benessere e l'esperienza opposta: di vuoto, solitudine, povertà. In questa "carne" è scesa la Parola eterna di Dio: nella carne di Gesù di Nazaret, in lui la Parola ha compiuto le sue meraviglie, diventando vita, salvezza, redenzione per tutti.

Sarebbe già una grande impresa "ridare la parola" a tutti coloro che, in un mondo pieno di parole, fanno fatica a coglierne lo spessore e l'importanza. Se noi, vecchie Chiese e vecchi popoli di civiltà cristiana, sapremo restituire la Parola a poveri, analfabeti e ammutoliti del mondo, essi ci restituiranno una parola di Dio "risuscitata a nuova vita".

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