La Nuova Sardegna

«Stiamo insieme senza paura»

Antonio Di Rosa
«Stiamo insieme senza paura»

L'editoriale del direttore della Nuova Sardegna sull'epidemia di coronavirus

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Siamo qui, a un mese dall’esplosione del coronavirus a chiederci quando finirà l’incubo. Vai in giro nelle città più colpite e le strade sono semideserte. I ristoranti brillano per i vuoti a sedere. Le scuole sono chiuse, pure le università. Cinema a singhiozzo, teatri serrati, convegni disdetti, eventi cancellati. Feste paesane e ricorrenze a data da destinarsi. Speriamo che finisca tutto in breve tempo, ma non ne abbiamo la certezza. Di fronte a una emergenza di queste dimensioni ci sentiamo fragili, incapaci di reagire nel modo più conveniente. Ci rendiamo conto che l’Europa rimane una entità lontana che non è sensibile neppure davanti a uno scenario come questo. Fa conti su conti, si irrigidisce, non è in grado di costruire una strategia comune e con una visione d’insieme. Anzi, all’inizio, c’era lo sberleffo diffuso nei confronti degli italiani. Poi i nostri vicini di casa europei hanno capito che non era un gioco o una nostra miserevole disattenzione ma un virus che colpisce tutti. Anche loro. E i sovranisti avranno finalmente imparato qualcosa. Non sono i profughi a portarci le malattie, ma i virus attraversano i confini, non conoscono barriere, abbattono gli steccati. Insomma, non li puoi fermare con un “alt, non entri”. Ora ci rendiamo conto di quanto siamo impreparati. Non solo all’emergenza ma alla quotidianità. Mancano i medici, gli infermieri non sono sufficienti, gli ospedali difettano di strutture, le mascherine non si trovano, pochi camici, pochi guanti. In prima linea abbiamo medici e infermieri per arginare un attacco frontale alla nostra salute. Loro sì che sono sempre pronti, determinati. Non fanno mai un passo indietro, anzi si sacrificano sapendo benissimo a quali rischi vanno incontro. Non uso il termine eroe, sarebbe troppo semplicistico. Sono cittadini veri, dotati di senso di responsabilità. Alle difficoltà si sommano i fattori esterni che accentuano i tratti dell’emergenza. Il bollettino quotidiano di morti e feriti, di contagiati e di guariti che genera altra inquietudine.

I pareri disinvolti di virologi o presunti tali che affollano tv e giornali. Tutti con idee diverse. E gli esperti di non so che ci fanno conoscere la loro opinione per frastornarci l'anima.Potremmo e dovremmo farne a meno. Non ne possiamo più. Il nostro compito è informare senza sensazionalismi per far capire a tutti come stanno le cose. Nessuno può prevedere quando questa emergenza finirà (perché finirà) ma dovremmo interrogarci su che cosa possiamo fare per ridurre i danni e ripartire.I politici devono prendere decisioni importanti, la comunità deve collaborare con atteggiamenti prudenti, deve seguire le regole e rispettare gli altri senza caccia all'untore. Non ce n'è. Siamo tutti coinvolti. Compresa la nostra Sardegna.Certo, ogni giorno crescono i contagi ma finora non ci sono focolai in Sardegna e speriamo che non ne emergano. La Giunta regionale si sta prodigando, le opposizioni collaborano e forse hanno ragione nel proporre di accelerare una approvazione a breve della manovra finanziaria per affrontare meglio la situazione.In queste emergenze al virus si aggiunge una malattia che, da sola, può farci degenerare: la paura. Abbiamo a che fare con un nemico invisibile che non si cura con un farmaco. Il vaccino arriverà verso la fine dell'anno se siamo fortunati. Ma il panico non ha antidoti.Per questo penso che il compito principale di una comunità sia quello di affrontare una emergenza con senso di responsabilità, senza paura. Perché la paura non risolve, ci toglie lucidità e rischia di aggravare una situazione già complicata.Il coronavirus riunisce le famiglie perché andare per locali e discoteche è rischioso. Ci costringe a vivere con cautele e prudenze che di solito non abbiamo. Stare insieme è utile per sconfiggere la paura. Il resto tocca alla scienza e a chi studia ogni giorno per scacciare gli incubi. Ce la faremo.

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