La Nuova Sardegna

Ospedali del Nord Sardegna sotto scacco per il Coronavirus: vogliamo sapere chi ha sbagliato

Daniela Scano
Il pre-triage dell'ospedale Santissima Annunziata di Sassari (foto Ivan Nuvoli)
Il pre-triage dell'ospedale Santissima Annunziata di Sassari (foto Ivan Nuvoli)

Troppe cose non hanno funzionato nella cabina di regia allestita per contrastare il Covid-19 - IL COMMENTO

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I numeri dei contagi dicono che troppe cose, nel nord Sardegna, non hanno funzionato nella cabina di regia allestita per contrastare il Covid-19. A cedere infatti sono stati proprio i luoghi che dovrebbero essere i più sicuri: gli ospedali. All’inizio può essere stata sottovalutata l’importanza delle strutture dedicate al pre-triage (la valutazione dei sintomi) studiate per preservare le aree ospedaliere. I pazienti hanno continuato a entrare direttamente nei pronto soccorso, in buona fede, perché nessuno li ha fermati all’ingresso. Qualcuno ha forse omesso dolosamente di riferire ai medici sintomi compatibili con il coronavirus. E tuttavia non è certamente (solo) a queste condotte irresponsabili che si può attribuire il contagio diffuso e abnorme del personale sanitario nel nord Sardegna: la stragrande maggioranza dei positivi al tampone lavorano negli ospedali. Decine e decine di medici, infermieri e Oss _ asintomatici _ sono diventati inconsapevoli veicoli del virus in reparto e in famiglia. Erano stati tutti adeguatamente preparati ad affrontare l’emergenza? Evidentemente no. Questa è l’unica certezza in questo momento.

Qualcuno ha sbagliato ed è un nostro diritto sapere chi è stato. La Procura della Repubblica di Sassari ha aperto una inchiesta. Il risultato delle indagini darà modo alla collettività di sapere chi, quando e dove nella filiera di comando della sanità abbia commesso errori. Sbagli ai quali adesso, con tutte le forze in campo, bisogna correre per porre rimedio. Ci sarà tempo per verificare competenze e incompetenze, adeguatezze e macroscopiche inadeguatezze. Ci sarà modo per capire se nell’attribuire compiti dirigenziali si sia tenuto conto solo ed esclusivamente della meritocrazia. Ci sarà tempo e modo per tutto.

Adesso occorre che tutti noi, ciascuno per la sua parte, ci facciamo carico della nostra piccola e grande responsabilità. Serrando i ranghi, facendo scrupolosamente ciò che dobbiamo fare, rispettando i divieti. Il primo grande impegno è di preservare quanto più possibile il sistema sanitario che è pieno di falle ma dove il personale sta lavorando in condizioni estreme con abnegazione ammirevole. Le guardie mediche e i medici di base facciano tutto quanto è in loro potere per rassicurare i pazienti e per gestirne l’emotività. Quello che potremmo definire il pre-pre triage è compito loro, un lavoro difficile ma che può evitare di sovraccaricare ulteriormente, inutilmente e drammaticamente di codici bianchi e verdi i pronto soccorso e il sistema di emergenza urgenza. Il motto non è solo “restate a casa” ma anche “restate calmi” e responsabili.

E' ormai notorio che ai primi sintomi di rialzo febbrile accompagnati da tosse e affanno bisogna restare in casa e contattare il proprio medico, ma capita ancora che chi presenta i sintomi si precipiti al pronto soccorso e chi invece ha un semplice raffreddore chiami compulsivamente il medico di base, la guardia medica, il 118, l’unità di crisi regionale, la protezione civile.

Anche le uscite di casa devono essere gestite in modo responsabile. Non bisogna inventare un pretesto per muoversi: una volta l’etto di prosciutto, un’altra le sigarette, un’altra ancora il cane. Si esce (una volta sola, una persona sola per famiglia) stabilendo le tabelle di marcia per comprare il giornale, passare in farmacia, fare la spesa.

Gli anziani. Ancora si vedono persone (soprattutto uomini) andare a spasso evitando con aria colpevole lo sguardo dei passanti. Qualcuno li fermi, spieghi loro i rischi che corrono e che fanno correre.

I giovani. Sembrano molto responsabili, sono chiusi in casa da quasi due settimane. Tutti, tranne il gruppo che l’altra sera ha fatto una indecente festa in terrazzo, ripresa da un drone. Si tratterebbe di studenti Erasmus spagnoli, e si sono anche permessi il lusso di sbertucciare chi li aveva immortalati. L’università di Sassari ha appena fatto un lodevole sforzo per riportare in Sardegna i suoi Erasmus dalla Spagna a bordo di una nave. Potrebbe caricare a bordo gli spagnoli e rispedirli a casa. Qui abbiamo altri problemi da affrontare, non abbiamo tempo anche per gli imbecilli. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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