La Nuova Sardegna

Riaprire ai turisti per ripartire

Luca Rojch
La nuova pista dell'aeroporto di Olbia
La nuova pista dell'aeroporto di Olbia

24 maggio 2020
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Un’isola proibita e solo sognata. Agli occhi dei due turisti tedeschi che per mezz’ora hanno volato intorno all’aeroporto di Olbia tra la maestosità di pietra di Tavolara e il tappeto di sabbia di Pittulongu la Sardegna resterà una terra vietata. E proprio il volo che trova l’aeroporto chiuso e torna indietro è l’immagine del fallimento di questa stagione. La Sardegna dice di avere le braccia aperte, di essere pronta ad accogliere i turisti, ma di fatto resta sigillata. La Regione non ha ancora aperto gli aeroporti, e non lo farà in modo completo prima del 25 giugno. Non esistono i protocolli, chi vuole arrivare nell’isola non sa cosa sia necessario. Un passaporto sanitario, un certificato di negatività, un test sierologico, un tampone.

Mancano le procedure e il governatore Christian Solinas sembra essere rimasto intrappolato nello slogan con cui ha voluto lanciare questa stagione turistica. “Sardegna covid free”. Perché dopo averlo annunciato ora si trova nel complicato compito di realizzarlo. E l’idea del passaporto sanitario rischia di rivelarsi un boomerang. Perché fuori dall’Italia arriva un messaggio differente da quello propagandato dalla Regione. Un giornale tedesco in questi giorni ha sintetizzato la situazione attuale per i suoi lettori che vogliono andare in vacanza. “In Italia si può andare ovunque senza particolari precauzioni, tranne che in Sardegna in cui serve un passaporto sanitario”. E solo questo potrebbe bastare per capire che nella strategia di comunicazione della Sardegna c’è più di una falla.

Solinas è certo che arriveranno 2,5 milioni di turisti, gli esperti parlano di un crollo delle presenze che andrà dal meno 50 al meno 70 per cento. I posti di lavoro stagionali persi sono oltre 40mila. E da solo questo numero, in una terra in cui la disoccupazione ancora vola, è sufficiente a dare le dimensioni dell’emergenza. Ma ci sono altri dati. La spesa di vacanzieri persa è di 1,5 miliardi di euro. L’industria del turismo è diventata la Fiat della Sardegna e il crollo di fatturato e presenze rischiano di schiantare una fragile economia. La galassia di imprese che vive di turismo chiede alla Regione una linea, certezze. Un programma chiaro che consenta non solo di aprire, ma di programmare, di capire a maggio, molto in ritardo, chi potrà venire in Sardegna da luglio in poi. Ma non è ancora chiaro cosa si deve fare per arrivare in Sardegna. E chi deve pagare un eventuale tampone. La Regione garantisce che non sarà a carico del turista, e in ogni caso sarà rimborsato, anche con voucher per visitare siti nuragici. Ma l’offerta sembra trovare gradimento zero tra chi viene nell’isola con il costume e le infradito già indosso. E quanto valga questa partita nell’economia reale dell’isola si può capire in modo facile. Se si considera l’indotto e il sommerso, il turismo nel 2016 in Sardegna valeva 6,1 miliardi di euro, il 20, 7 per cento del valore aggiunto regionale. Un trend in crescita anche per quanto riguarda gli occupati. La quota dei contratti di lavoro legata al turismo è salita dal 19 per cento del 2015, al 29,6 per cento del 2019. Un tesoro che rischia di venire dilapidato dall’emergenza coronavirus, che ha stravolto il sistema turismo cresciuto in questi anni.

La sfida era cercare un modello diverso da proporre ai turisti, ma non si riesce ancora a vedere. Da soli questi numeri bastano per far capire quanto sia indispensabile per l’intero sistema economico regionale che la giunta esca da questa fase di stallo per evitare di cacciare via altri aerei di turisti dai cieli sardi.

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