La Nuova Sardegna

Il sindaco di Milano Sala straparla, ma decidete subito sui test

Antonio Di Rosa
Il sindaco di Milano Sala straparla, ma decidete subito sui test

Quando ci sono in ballo la salute dei cittadini, sardi e non, le battute sono irritanti e irrispettose. L'editoriale del direttore della Nuova Sardegna

29 maggio 2020
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Dico subito senza equivoci che non servono le sortite alla milanese del sindaco Sala. Quando ci sono in ballo la salute dei cittadini, sardi e non, le battute sono irritanti e irrispettose. Dire che non si andrà in vacanza dove richiedono un test di negatività, sono parole irricevibili. Dette dal primo cittadino di una Milano devastata dal coronavirus suonano male. E non è neanche vero che il turismo in Sardegna se lo sono inventati i milanesi. Non mi pare il tempo per rivendicare primati. Dico questo perché le parole di una persona in gamba come Beppe Sala mi hanno sorpreso. E distraggono dal tema principale che sarà affrontato oggi nella convention tra le Regioni. Questo balletto su test, tamponi, certificazioni e passaporti sarebbe anche divertente se non fosse maledettamente serio. Questa polemica un primo risultato lo ha ottenuto: dividerci tutti. Se sei favorevole all’arrivo dei turisti fai gli interessi dei gruppi che governano questo settore. Se sei contrario ti definiscono un talebano. Se stai in mezzo sei un vigliacco che non ha il coraggio di dire quello che pensa. Sarebbe il momento, visto che le Regioni si riuniscono per una mediazione sui test, di dire qualcosa di ragionevole.

Capisco la prudenza del presidente Solinas perché si sente addosso la responsabilità della salute dei sardi. Ma mi chiedo, e più volte noi della Nuova glielo abbiamo chiesto, quali certezze avrebbe dal turista col passaporto sanitario o certificato di negatività. Se leggiamo quello che dicono ogni giorno gli scienziati, ci assale lo sconforto. Non ce n’è uno che sia omogeneo al discorso dei colleghi. Sanno poco anche loro. La prima obiezione è semplice: non abbiamo certezze assolute. Un pezzo di carta non ci rende immuni al contagio perché chi fa i controlli oggi, visto che il virus ha 14 giorni di incubazione, può diventare positivo quando sbarca nell’isola. Né possiamo accettare il “liberi tutti”. Sarebbe sbagliato e pericoloso. La via intermedia è la migliore: concordare un test fattibile in tempi certi e con precise modalità per spiegare ai turisti cosa devono fare per trascorrere le vacanze da noi. Non solo, bisogna attrezzarsi per affrontare le nuove emergenze e preparare un piano sanitario ad hoc per il turismo. Ma c’è qualcuno convinto che basterà chiudere i confini per stare tranquilli? I seminatori di veleni, parolai senza responsabilità, affollano la Sardegna. Nessuno di questi ha il coraggio di dire: facciamo saltare la stagione turistica e arrivederci al 2021. Aspetto di leggere o ascoltare frasi di questo tipo. Perché tutti sanno che dietro la chiusura della serranda si nasconde (neanche tanto) una emergenza sociale gravissima. Ci vorranno anni per recuperare quello che si perderà o si è già perso. Invece di dire sciocchezze sui grandi gruppi alberghieri (quelli faranno cassa col turismo medio alto che arriva con i voli privati), dobbiamo preoccuparci delle migliaia di piccoli e medi imprenditori e degli stagionali. Se tutto rimane chiuso, cosa faranno? A chi si rivolgeranno per avere gli aiuti per mantenere le imprese e le famiglie? In quest’isola ci sono tantissimi che preferirebbero non avere turisti. Dicono: così salvaguardiamo la nostra salute. È comprensibile, ma la Sardegna ha bisogno del turismo, dell’agricoltura, della tecnologia avanzata, della ricerca, di tutto quello che può aiutare la sua economia a crescere. Ci rinchiudiamo in noi stessi e diventiamo autarchici? Non meravigliamoci e non indigniamoci se i nostri figli andranno via, se non avranno la possibilità di fare impresa, di realizzare i sogni coltivati duranti gli anni di studio. A chi ostacola qualsiasi ingresso vorrei ricordare una cosa: vogliamo impedire ai sardi che lavorano a Milano o in Veneto di fare vacanza nella loro terra? E che differenza c’è tra un isolano che lavora nelle zone rosse e l’indigeno di quelle aree? Nessuna. Devono controllarsi tutti, basta che la politica decida di esistere e di proporre al cittadino la strada da percorrere. Il professor Valerio Onida, costituzionalista eccelso, rispondendo a Marcello Fois sulla Nuova, ha ricordato la frase di Piero Calamandrei: “La libertà è come l’aria che respiriamo, ce ne accorgiamo quando viene a mancare”. Non vorrei che qualcuno dimenticasse che questa emergenza ha co mpresso tutti i diritti, a torto e a ragione. Ci vuole poco perché a qualche buona anima venga in mente che se ne possa fare a meno. Questo mai.

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