La Nuova Sardegna

Elezioni a Porto Torres: la città deve ripartire dal lavoro

Gianni Bazzoni
Una veduta di Porto Torres
Una veduta di Porto Torres

11 ottobre 2020
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Ogni volta che si avvicina la scadenza elettorale, specie per il governo della città, Porto Torres si scopre corteggiata, studiata e persino elogiata. Chi ci vive dovrebbe esserci abituato, anche se un certo fastidio lo suscitano sempre gli emissari, quelli che vengono da fuori – a volte neppure da tanto lontano – diciamo nel giro di poche decine di chilometri. Politicanti, con un ricettario di soluzioni che non cambia mai. Non perdono neppure il tempo ad aggiornarlo, a volte basta solo correggere l’anno.

Il problema però non sono quelli che arrivano per spiegare ai portotorresi che cosa è Porto Torres, quali sono le potenzialità e quanto si dovrebbe stare meglio in una realtà che ha così tante risorse largamente inespresse. La responsabilità è dei residenti che credono ancora nei miracoli, anche se ormai sanno bene che non ci sono stati e non ci saranno. É una storia che ripete. Allora, detto questo, perchè non pretendere che stavolta sia diverso? Perchè non provare a chiedere a chi ha scelto con coraggio di candidarsi per concorrere al Governo della città di non presentare lunghi elenchi e libri dei sogni ma di condensare impegno e programma in pochi punti? Diciamo massimo sei. Sarebbe un bel confronto, una sfida interessante da giocare con grande senso di responsabilità. Il primo dei sei punti è il lavoro. É un tassello da fissare bene: Porto Torres è stata la capitale sarda del lavoro, del movimento operaio, dei professionisti formati con conoscenze che poi sono state esportate in tutto il mondo. Certo di mezzo c’era la grande industria, la fabbrica dove sono nate storie sindacali importanti. Non è una colpa la zona industriale, Porto Torres si è fatta carico di un peso rilevante e ne ha dovuto sopportare le conseguenze: lo sviluppo è stato invece per tutti, per migliaia di persone distribuite in decine di comuni della Sardegna.

Le conseguenze, ancora oggi, le paga solo la città in termini di ambiente da risanare (le bonifiche) e di salute pubblica scarsamente tutelata, specie nelle fasi più critiche. Ci sono stati degli errori gravissimi, ma oggi non si può prescindere da quell’area infrastrutturata dove si deve ricreare occupazione con una attenzione vera per l’ambiente. Senza lavoro si perde la dignità. Senza lavoro si è destinati a camminare con il cappello in mano e accettare ogni compromesso. Il sindaco di un Comune, l’assessore e i consiglieri non distribuiscono posti di lavoro (o almeno non dovrebbero farlo e neanche prometterlo) ma possono creare condizioni per favorire lo sviluppo e l’insediamento di imprese in un territorio come quello di Porto Torres che ha grandi potenzialità. Con il lavoro ha a che fare il porto (in passato ne ha dato tanto), ma anche la logistica dei trasporti. Lo scalo marittimo deve ritrovare la propria centralità, deve essere trasformato in un “salotto” produttivo collegato alla città, diverso da quell’angolo periferico dove si trovano rifiuti ammucchiati, barriere, percorsi impraticabili e incompiute. I traffici vanno dove ci sono i consumi, le produzioni o le piattaforme logistiche: per questo occorre ricreare condizioni essenziali.

E con il porto ha a che fare l’Asinara, Parco nazionale che sorge su una superficie di 52 chilometri quadrati: metà esatta del territorio comunale. Porto Tores la vede ancora da lontano, quasi fosse un corpo estraneo. Il parco è cresciuto ma è “separato” dalla città. Un passo avanti potrebbe essere “liberare” il borgo di Cala d’Oliva e sentirlo quartiere turritano con gente che ci vive e lavora: così può svilupparsi il turismo verso la città. É anche una questione di immagine, e in questa direzione Porto Torres deve crescere in fretta: è sporca, con troppi spazi degradati, strade e marciapiedi dissestati. Decoro e pulizia, servono a presentare un biglietto da visita migliore. Il lavoro cresce anche con una politica adeguata nei settori della cultura, dell’archeologia: il patrimonio è straordinario ma le dimenticanze e le incertezze sono evidenti. Basta solo guardarsi intorno per capire.

Il resto riguarda i giovani, la vera speranza: aggregazione, recupero dell’abbandono scolastico, riconoscimento del valore del volontariato che da queste parti è un esempio da seguire. Le risorse del territorio sono qui e non altrove: il sindaco di Porto Torres deve tornare a stare con un ruolo primario al tavolo della programmazione e dello sviluppo. Senza accontentarsi di sedere dove ti dicono quelli che sono abituati a comandare a casa di altri. L’ultima cosa è un sentimento: bisogna volerle bene a questa città, che merita rispetto. Solo così la si può governare bene. Su questo giocate la vera sfida.

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