La Nuova Sardegna

Monti Prama, Antas e la costellazione di Orione: un riconoscimento per le ricerche del "contadino" Zedda

Paolo Littarru *
Gli scavi di Mont'e Prama
Gli scavi di Mont'e Prama

INTERVENTO. Le tesi dell'autodidatta isilese apprezzate dal professor Federico Mazza, orientalista del Cnr. I Giganti rappresenterebbero una sorta di Atlanti che sostengono la volta celeste, resa simbolicamente come uno scudo

15 dicembre 2020
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Nemo propheta in patria, più che mai nel campo dell’archeologia sarda. Mauro Peppino Zedda, isilese, contadino e studioso autodidatta di archeologia, da oltre 25 anni attende il riconoscimento valore dei suoi studi sull’orientamento astronomico dei nuraghe. I suoi lavori sono infatti pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali, ma ad oggi visti ancora con diffidenza, quando addirittura non apertamente osteggiati dal mondo archeologico sardo.

Zedda è uscito di recente con un originale volume dal titolo “Nel segno di Orione – da Sid (Osiride) al Sardus Pater – gli atlanti di Monte Prama “(Agorà nuragica, 2020), nel quale parte dall’osservazione che la necropoli di Antas a Fluminimaggiore e quella di Monti Prama a Cabras (da cui provengono i celebri “Giganti”), culturalmente affini, presentano una analoga disposizione delle tombe, dettaglio questo che non sfuggì a diversi archeologi che non ne approfondirono le conseguenze e non colsero l’importanza. La direzione verso cui sono rivolte le statue dei cosiddetti Giganti (e il volto degli inumati nelle due necropoli), infatti, guarda verso il sorgere della costellazione di Orione nell’epoca presunta di costruzione dei siti. E stavolta l’epigrafia viene in soccorso dell’archeoastronomia, supportando tale intuizione.

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Qualche decennio fa, infatti, il prestigioso orientalista belga Edward Lipinski, docente all’università di Lovanio, interpretò il nome della divinità Adon Sid Addir B’by, a cui era dedicato il tempio punico preesistente a quello romano, proponendo che Sid fosse la versione fenicia di Osiride, divinità da sempre e classicamente associata alla magnifica costellazione di Orione.

Di più: l’autorevole orientalista Federico Mazza, direttore dell’'Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico (Iscima) del Cnr nonché direttore del periodico ‘Rivista di studi fenici’, da tempo aveva proposto che B’by fosse il babi egizio (ovvero il protettore, con sembianze da babbuino, della barca solare). La convergenza di orientamenti delle due necropoli e la convergenza di senso astronomico, sia per quanto emerge topograficamente sia per via linguistica, a seguito degli studi del contadino di Isili, parrebbe quindi evidente. Nel suo libro Zedda infine interpreta in modo originalissimo le statue di Monti Prama come rappresentazione di una sorta di Atlanti che sostengono la volta celeste, resa simbolicamente come uno scudo.

E un insperato assist agli studi del contadino/archeologo arriva proprio da Federico Mazza: con una email personale, che siamo autorizzati a rivelare, il professor Mazza dichiara di aver apprezzato l’originalità di una serie di tesi proposte, insieme alla ricchezza e all’articolazione delle argomentazioni a sostegno. Più nel merito, le tesi di Zedda sul rapporto Sardegna e Shardana trovano Mazza concorde: le conclusioni Zedda sono in armonia anche con quanto sostenuto in Italia da studiosi come Piero Bartoloni e i compianti Giovanni Garbini e Sebastiano Tusa. Il professor Mazza esprime quindi molto piacere nel constatare come una sua antica proposta circa l’appellativo B’by riferito al dio Sid abbia potuto trovare ulteriore luce e una rinnovata prospettiva nella originale rilettura del rapporto Sid/Osiride/Orione – Sardus Pater.

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“Sono considerazioni certamente pertinenti – osserva Mazza – e che fanno intravedere come lo sviluppo della conoscenza si possa giovare utilmente del concorso complementare tra tradizionali campi di studio e approcci scientifici innovativi”. Infine, l’orientalista dichiara di aver trovato parimenti molto interessante la valutazione del contadino isilese delle statue di Monti Prama come rappresentazione di una sorta di Atlanti che sostengono la volta celeste, resa simbolicamente come uno scudo.

Anche a questo proposito le argomentazioni fornite da Zedda sono parse all’accademico Mazza “particolarmente plausibili e circostanziate, anche alla luce dell’efficace confronto finale con la raffigurazione di Atlante sulla coppa del VI secolo da Sparta”. Federico Mazza formula quindi a Zedda i complimenti per un libro che definisce “suggestivo e denso di spunti sul piano storico, archeologico e culturale”. Le inferenze di questo nuovo tassello degli studi del contadino-archeologo attendono di essere valutate.

* Ingegnere per l'ambiente e il territorio, autore del libro "Il contadino che indicava la luna: storia di un cambio di paradigma nell'archeologia sarda"

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