La Nuova Sardegna

Russia-Ucraina, è ora di scendere in piazza per la pace

Marco Impagliazzo
Russia-Ucraina, è ora di scendere in piazza per la pace

Davanti al serio rischio di un conflitto fra i due paesi non sarebbe un'ingenuità, ma un atto di realismo da parte delle popolazioni europee

14 febbraio 2022
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Il pericolo di un conflitto militare su larga scala in Ucraina sembra sempre più prossimo a concretizzarsi. Ad alcuni l'inizio di un'azione bellica appare addirittura come ineluttabile. Si rischia quindi una guerra in Europa? Questa drammatica domanda aleggia nel nostro continente e fuori da esso da qualche settimana, visto che la tensione al confine tra Federazione Russa e Ucraina ha da tempo raggiunto un livello di guardia. Segnali per prefigurare un conflitto aperto tra i due paesi ci sono tutti. La Russia ammassa uomini e mezzi in quantità allarmante, Kiev fa altrettanto e, ben conscia della disparità delle forze, accetta volentieri il sostegno di altri Paesi, alcuni dei quali, a dire il vero, non si fanno pregare. I governi occidentali hanno chiesto ai loro cittadini di lasciare l'Ucraina. L'escalation di dichiarazioni e di allarmi mediatici ha imboccato una spirale a prima vista inarrestabile. Ma occorre dire con chiarezza che oggi è una follia pensare al ritorno della guerra in Europa. Sarebbe infatti rinnegare in un attimo oltre 75 anni di storia in cui, a parte la ferita - non ancora rimarginata - dei Balcani, il nostro continente ha saputo fare miracoli di pace.

Basti pensare alla chiusura di lunghe e ripetute ostilità, come quelle tra Francia e Germania. E soprattutto al fatto che l'Europa è riuscita a risorgere dal grande abisso della Shoah. Non era scontato far vincere la democrazia come modello e costruire un'Unione che, seppure imperfetta resta comunque un argine alla guerra.Certo, il quadro internazionale è complesso. La Russia di Putin chiede garanzie per la sua sicurezza che vede minacciata da una eventuale adesione dell'Ucraina alla Nato. Gli Stati Uniti e i suoi alleati non intendono limitare la libertà di adesione all'Alleanza. Mosca pensa ed agisce da potenza globale e lo ha dimostrato in più occasioni negli ultimi anni. In Siria innanzitutto, poi in Libia. Ma anche in scenari africani più periferici.

I Paesi europei arrivano a questo crocevia con posizioni diverse, in parte distratti da questioni elettorali, alcuni sicuramente preoccupati delle conseguenze disastrose che un conflitto avrebbe sui loro rapporti con la Federazione Russa. Russia ed Europa sono legate da vincoli molteplici, non facili da sciogliere, che riguardano gli equilibri geopolitici del continente, la condivisione di eredità culturali decisive per entrambe, i rapporti economici, relativi soprattutto alle forniture del gas, ma anche a una rete di scambi commerciali e di presenza di aziende europee nella Federazione Russa.Una guerra, di qualunque entità e natura, non risolverebbe nessuno di questi problemi e causerebbe sofferenze enormi alla popolazione ucraina, ben maggiori rispetto a quelle già inflitte fino ad oggi: sono già, dal 2014, oltre 14mila le vittime del conflitto nel Donbass. Sì, perché una guerra in Ucraina è già aperta da quasi otto anni, anche se spesso lo si dimentica. Cosa accadrebbe con un allargamento del fronte ed il coinvolgimento di altri Paesi?

Trattative frenetiche sono in corso. I colloqui tra la Russia e gli Stati Uniti continuano e, anche se il confronto è aspro, non sono stati interrotti. Il tentativo avviato dal presidente francese Macron è di grande importanza: apre un autorevole canale di comunicazione con il Cremlino, percorre la via di una mediazione tra Mosca e Kiev, cerca di riattivare il formato di Normandia e il programma negoziale di Minsk, che costituiscono l'unica piattaforma per una risoluzione pacifica del conflitto in Donbas. Papa Francesco non si stanca di sollevare la sua voce per richiamare alla responsabilità della pace. «La guerra è una pazzia» ha detto mercoledì scorso, chiedendo ai responsabili di anteporre l'interesse comune a quello delle parti. Sì, perché tra le tante assurdità di questa questione c'è anche quella di due popoli in lotta, accumunati da una lunga storia comune, che, seppure costellata da conflitti, ha generato anche tanti fili di relazioni familiari e amicali, nonché un patrimonio culturale in larga misura comune, nella condivisione della stessa fede cristiana. E questo al di là di ogni considerazione geopolitica, economica o strategica.

Non sarebbe oggi importante tornare a manifestare per la pace, come si fece vent'anni contro la guerra in Iraq? Non sarebbe certo un'ingenuità, ma un atto di realismo da parte delle popolazioni europee.

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