Europa senza strategia del gas
La crisi energetica: l'Italia subirà maggiori conseguenze dal conflitto russo-ucraino
Il 40% del gas usato dalla UE nel 2020 è russo. Nel 2014, era il 27%. L’Europa si è fatta lusingare da Putin, che ci ha reso più dipendenti dal suo gas. Lusinghe a cui non ha resistito l’Italia. Nel 2010 importavamo dalla Russia il 20% del gas. Nel 2019, il 47,1%. Meno nel 2020, anno del covid : 43,3%. Le gite in pelliccia sulla neve di certi leader intrattenuti dal presidente russo, le chiassose cene estive in Costa, in compagnia di oligarchi russi tra cui i signori del gas, tutti estremamente generosi con chicchessia, locali inclusi, e l’apprezzamento per Putin più volte esternato da vari politici nostrani; tutto ciò oggi ha un sapore amaro.
L’amarezza di chi capisce di essere stato fregato; non so se da politici incapaci o troppo cinici, ma poco importa. Certo, non siamo stati i soli a calare le brache. La Germania ha una percentuale di importazioni di gas russo ancora maggiore della nostra. Ma non ci inganni questo dato. Perché nel mix di risorse con cui produrre energia, in Germania il gas pesa assai meno che da noi. Dati ISPI alla mano, in Italia il peso del gas nel mix energetico è il 42,5%, contro il 26% della Germania e il 17% della Francia. Siamo il Paese europeo che fa più ricorso al gas per produrre energia. Quindi, siamo anche i più vulnerabili. In questa crescente dipendenza europea dal gas russo c’è tutto il limite della UE incapace di governare in maniera efficace il conflitto tra l’interesse comune di più lungo periodo e gli interessi nazionali spesso condizionati dal bisogno di consenso immediato che talvolta induce politiche miopi. Senza contare gli interessi di pochi che all’interno di ciascun Paese spesso hanno la meglio su quello generale.
UE incapace di una politica comune al punto tale da non avere nessun piano pronto per affrontare una situazione che pure era prevedibile. Di quest’assenza della UE ne fanno le spese tutti i Paesi europei. Per via del prezzo del gas, schizzato verso l’alto (oltre il 50%) insieme a quello del petrolio; e poi per tutte le conseguenze aberranti che la guerra ci porterà in dote, prima tra tutte i dramma del popolo ucraino. Un po’ come tutti i Paesi europei hanno avuto maggiori conseguenze negative dovute al covid-19 per via dell’assenza, agli inizi della pandemia, di una politica economica europea già predisposta per scattare automaticamente e controbilanciare da subito uno shock negativo di tale portata.
L’Italia subirà più conseguenze economiche negative di altri data la sua maggior dipendenza dal gas russo per la produzione di energia. Conseguenze peggiori in termini di aumento dei costi di produzione, che si tradurrà in maggiore inflazione e colpirà soprattutto i percettori di redditi fissi, tipicamente lavoratori e meno abbienti. Inoltre, ci saranno imprese che subiranno uno shock negativo dal lato dei ricavi, in Lombardia si parla di un danno da 4mld di giro d’affari, perché non potranno più vendere beni e servizi alla Russia. Anche se dati alla mano quest’effetto dovrebbe essere di gran lunga inferiore a quello dovuto alla lievitazione dei costi. Ma non solo.
Le conseguenze potenziali di questo shock riguardano anche la transizione ecologica. Perché i maggiori costi di produzione possono danneggiare l’equilibrio economico-finanziario delle imprese, compromettendo la loro capacità di fare gli investimenti necessari a sviluppare e implementare le tecnologie necessarie per produrre e utilizzare energia green. L’entità di questi effetti dipenderà da quanto si protrarrà la crisi e dall’eventualità che Putin chiuda i rubinetti. L’Italia sta accumulando riserve di gas, attualmente al 30%, raddoppiando l’intensità dell’approvvigionamento da Nord Europa, Libia, Algeria e Azerbaigian. Questo anche grazie al fatto che, nonostante i no gas e i portatori (magari inconsapevoli) di interessi russi, siamo riusciti a non affossare il Trans Adriatic Pipeline che ci ha consentito in un solo anno, il 2021, di portare al di sotto del 40% la dipendenza dal gas russo.
Anche se dovessimo restare per assurdo completamente senza forniture di gas, con le riserve saremmo autosufficienti per 90 giorni. E alle brutte potremmo riattivare le centrali a carbone. Quindi fino all’estate non dovremmo avere problemi a produrre energia. Bene, nell’emergenza. C’è poi la possibilità di aumentare l’estrazione di gas nazionale. Ma, anche se riusciremo ad approvvigionarci a sufficienza, comunque subiremo lo shock in termini inflazionistici. Noi più degli altri ma insieme agli altri. È un altro shock sistematico che ha bisogno di una politica economica comune europea.