La Nuova Sardegna

La variante al Puc di Sassari: una vecchia idea di turismo

Maria Antonietta Mazzette
Una veduta del vecchio complesso dell'Argentiera
Una veduta del vecchio complesso dell'Argentiera

Gli amministratori locali e regionali seguono sempre la strada delle maggiori volumetrie, ma concepire il turismo ancora in chiave edilizia significa in realtà impedirne lo sviluppo

24 aprile 2022
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La commissione Urbanistica di Sassari ha approvato la proposta di variante al Puc riguardante le zone turistiche e costiere del Comune. E nei giorni scorsi l’assessore regionale all’Urbanistica ha rilanciato il Piano casa. Rilancio avvenuto dopo la bocciatura della Corte costituzionale. Sono due fatti distinti, soprattutto perché distinti sono gli strumenti normativi a cui si fa riferimento, ma entrambi sembrerebbero avere un tratto in comune: quello di regalare dei bonus edilizi da distribuire lungo le coste, a favore di alberghi di nuova costruzione nel caso del Puc di Sassari, di espansione di quelli esistenti nel caso del Piano casa.

Aspettiamo che l'assessore regionale renda pubblico il testo che intende portare all'approvazione, anche se mi permetto di sottolineare che i problemi principali di gran parte delle strutture ricettive esistenti hanno a che fare, più che con la quantità volumetrica, con la scarsa qualità edilizia e dei servizi, comprendendo anche le aree circostanti, spesso disadorne di vegetazione e lasciate persino al degrado. Mentre, per ciò che riguarda Sassari, la proposta riguarda la riclassificazione di porzioni di aree vicine al mare (da Platamona all'Argentiera, da Porto Ferro a Fiume Santo) e di una situata nel periurbano sassarese. In tutti questi luoghi si prevedono alberghi e residenze. Dalla relazione di sintesi si evince che la proposta di variante sia in linea con i principi del Ppr, compreso quello di collocare volumetrie a ridosso di aree urbanizzate e questo, di per sé, è un fatto positivo.

Al di là degli aspetti strettamente tecnici, importanti, quale idea di turismo hanno i nostri amministratori, compresi quelli regionali? Non mi soffermo sulla immaginifica proposta di costruire degli hotel in un'area industriale parzialmente dismessa che ha un urgente bisogno di interventi di bonifica, oltre che di seri progetti di reindustrializzazione. Ma, dalla lettura delle loro dichiarazioni e carte, l'impressione è che il turismo in Sardegna continui ad essere sinonimo di cemento, così com'è accaduto fin dall'entrata dell'Isola nei circuiti nazionali e internazionali.

Eppure, il turismo nel tempo è diventata un'industria ben più complessa che, in relazione alla molteplicità della domanda sociale, si è dovuta articolare, specializzare e orientare verso nuovi mercati e non più solo su quelli legati al turismo balneare, seppure questo in Sardegna continui ad essere prevalente, non senza colpa di pubblico e privato. Ad esempio, c'è grande attenzione verso il patrimonio storico culturale di cui i territori sardi sono ricchi, le cui potenzialità di rivitalizzazione costituirebbero un fattore di sviluppo delle comunità locali. Così come c'è interesse verso il composito universo del turismo rurale, ambito principale dei saperi locali che ormai rappresentano un target identitario dei territori che li esprimono.

Inoltre, pensare oggi in termini turistici significa non poter prescindere dalla necessità di collegare le coste con le città e le cosiddette aree interne. Ovvero, il turismo non può essere pensato entro i ristretti confini amministrativi, ma è un "classico" oggetto di pianificazione di area vasta. In questo senso, come si legano le previsioni di alberghi e di residenze aggiuntive in alcuni tratti della costa nord-occidentale (ricadenti amministrativamente nel Comune di Sassari) con il vasto patrimonio edilizio esistente? Compreso quello in disuso o sottoutilizzato sia delle borgate coinvolte, sia degli insediamenti urbani, quali Alghero, Porto Torres e Sassari, quest'ultimo peraltro capofila della rete metropolitana. Penso, ad esempio, all'Argentiera dove le miniere dismesse "aspettano" da decenni di essere trasformate in museo, o a Palmadula dove le attività rurali possono trovare nuova linfa con la realizzazione di alberghi diffusi, per i quali c'è una domanda in costante crescita. Insomma, concepire il turismo ancora in chiave edilizia significa in realtà impedirne lo sviluppo.

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