La Nuova Sardegna

Al mondo serve Helsinki non Jalta

di PIERO FASSINO
Al mondo serve Helsinki non Jalta

Nel dopoguerra la spartizione dell’Europa in sfere di influenza aprì le le porte alla divisione tra est e ovest - IL COMMENTO

02 maggio 2022
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“Helsinki, non Jalta”: è l’appello che il Presidente Mattarella - nella sua prima missione internazionale dopo la rielezione di febbraio - ha lanciato a Strasburgo, scegliendo non la capitale di uno Stato nazione, ma la sede del Consiglio d’Europa e del Parlamento Europeo, in quella Alsazia-Lorena per secoli epicentro delle guerre europee. E il nostro Presidente ha scelto proprio il Consiglio d’Europa, nato all’indomani della seconda guerra mondiale su impulso di Churchill per offrire alle nazioni del continente una sede per superare le loro drammatiche contrapposizioni e promuovere cooperazione, stabilità e pace.

Mentre l’Europa è attraversato dalla più grave crisi politica e militare dalla Seconda Guerra mondiale, mentre i carri armati russi invadono il suolo dell’Ucraina, Mattarella si è rivolto ai rappresentanti dei Parlamenti dei 46 Paesi europei affermando con forza che “per vincere non è più necessario che qualcuno debba perdere”, che ci vuole “Helsinki e non Jalta”. Jalta, la città dove si consumò quella spartizione dell’Europa in sfere di influenza che ben presto divenne divisione del continente e contrapposizione tra est e ovest. Helsinki la città dove nel 1975 si sottoscrissero gli Accordi per un sistema condiviso di sicurezza in Europa, fondato sulla intangibilità delle frontiere, dell’integrità territoriale e della sovranità di ogni Stato. Accordi che segnarono il definitivo superamento della guerra fredda e l’affermarsi del principi della coesistenza pacifica.

Di fronte ad una guerra che se non fermata, rischia di trasformarsi in un’incontrollabile escalation destinata a condurre l’Europa a un vero e proprio suicidio, l’intervento di Mattarella ruota intorno a un’idea: riportare il governo delle relazioni internazionali sulla rotta del multilateralismo, lá dove non esistono nemici da sconfiggere, territori altrui da conquistare, sovranità da sottoporre a protettorati.

L’azione intrapresa dalla Federazione Russa il 24 febbraio è l’esatto opposto del multilateralismo. È - come sottolineato dal Presidente Mattarella - il ritorno “anacronistico e ottocentesco alla politica di potenza. Ma imperialismo e neocolonialismo non hanno più diritto di esistere nel terzo millennio. Si tratta di affermare con forza il rifiuto di una politica basata su sfere di influenza e su diritti affievoliti per alcuni popoli e Paesi e invece proclamare la parità dei diritti e la uguaglianza per i popoli e le persone e il prevalere della forza del diritto sul diritto della forza”

Parole che si legano alla missione del segretario generale dell’Onu Guterres, in visita a Mosca e Kiev nel difficile impegno di promuovere una tregua che blocchi la crescente escalation militare e apra la strada ad una soluzione politica.

Se, infatti, è necessario sostenere gli ucraini fornendo loro gli strumenti necessari a contrastare l’offensiva russa, contemporaneamente va attivata ogni azione utile a giungere rapidamente a un cessate il fuoco e a una tregua.

Essendo difficile immaginare che si passi in ventiquattr’ore da feroci scontri armati a trattative di pace, serve infatti una “fase di decantazione” che solo può essere assicurata da un cessate il fuoco: tregue locali nei punti di maggiore attrito bellico tra le parti, seguite da una tregua generale che fermi il crepitare delle armi, consenta a una popolazione stremata di non subire altre sofferenze e devastazioni e crei le condizioni per l’avvio di trattative. Sta in questo spazio l’iniziativa del segretario generale dell’Onu, che va sostenuta con determinazione dall’Europa, prima che una incontrollata escalation bellica comprometta ogni possibilità di raggiungere la pace.

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