La Nuova Sardegna

Il flop

La sconfitta diplomatica di Putin

Nicolò Migheli
La sconfitta diplomatica di Putin

A Samarcanda ha dovuto incassare il silenzio cinese e il rimbotto indiano sulla guerra in Ucraina

24 settembre 2022
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La guerra in Ucraina che Putin potrebbe vincere militarmente si rivela una sconfitta diplomatica e di prestigio. Lo è già oggi come ha dimostrato il vertice della Shanghai Cooperation Organization a Samarcanda.

Una organizzazione internazionale che raggruppa Paesi conflittuali tra loro ma con il comune obiettivo di de-dollarizzare l’economia e contrastare l’unipolarismo Usa. Un consesso che fino all’anno scorso vedeva un leadership duale: Russia e Cina, mentre l’incontro della settimana scorsa rivela Mosca junior partner rispetto a Pechino. Putin si era recato a quel consesso con l’intento di avere solidarietà nella guerra ucraina, ma ha dovuto incassare il silenzio cinese e il rimbotto indiano. Modi gli ha detto chiaramente che questo non è il tempo delle guerre. I Paesi più popolosi del mondo affidano le proprie economie alla globalizzazione che, dopo la pandemia, la guerra sta interrompendo. Cina e India non hanno nessuna intenzione di aiutare Putin perché sanno bene che i loro mercati principali sono l’Europa e gli Usa; non vogliono incorrere nelle eventuali sanzioni. Putin in difficoltà in Ucraina deve registrare l’allontanamento dei Paesi dell’Asia Centrale attratti dall’egemonia cinese e dalle radici turcomanne.

Putin è noto per aver fatto aspettare nei colloqui bilaterali i suoi omologhi, anche per ore. A Samarcanda si ritrova con lo stesso trattamento, persino il povero Uzbekistan lo fa aspettare solitario davanti alle bandiere. Il simbolo che il presidente russo sta cedendo prestigio davanti agli occhi dei Paesi una volta sue colonie e nel mondo. Il kazako Tokayev ha dichiarato più volte di non riconoscere le repubbliche del Donbas, sta creando una nuova pipe linee per deviare il flusso del gas dalla Russia all’Azerbaijan per poi esportarlo in Europa. Per questi motivi è stato minacciato da Mosca di un trattamento ucraino. La Cina è intervenuta in suo favore promettendo anche aiuti militari. Kirghizistan e Tagikistan sono sull'orlo di una guerra su vasta scala. Le testimonianze e i video in rete mostrano scontri pesanti al confine. Tra il 28 aprile e il 1 maggio del 2002, si era svolto un conflitto per il territorio conteso tra i due Paesi per il controllo del centro di distribuzione delle risorse idriche di Golovny e Kot-Tasch, nella regione di Bataken. Una guerra per l’acqua. In Georgia si susseguono manifestazioni popolari, affinché ci sia una iniziativa militare per impadronirsi dell’Ossetia. Uno degli episodi più dolorosi per Putin è di sabato 17 settembre. La speaker del Congresso Usa, su invito di Alen Simonian presidente del parlamento armeno, si è recata a Yerevan per promettere l’aiuto americano nel conflitto con l’Azerbaijan. Sia nel 2020 che in questi giorni, l’Armenia aveva chiesto l’attivazione dell’art. 4 del trattato di Sicurezza Collettiva, avendo un diniego da parte di Mosca. La risposta fu il trasferimento di truppe russe come interposizione tra armeni e azeri. La Russia ha in Armenia una base militare, ma durante il conflitto del Nagorno Karabach quei soldati non sono mai stati mobilitati. Si dice che dopo la deposizione con una rivolta pacifica di Sargsyan filo russo, il leader azero Aliev abbia chiesto l’approvazione di Putin per la guerra e che gli sia stata concessa per punire l’attuale leader Pashinyan. Politico confermato da elezioni che l’Osce ha dichiarato regolari. Tra tutti i Paesi dell’area ex sovietica fino ad ora l’Armenia è uno dei più fedeli a Mosca. La visita di Nancy Pelosi segna una rottura. Gli armeni sperano che gli americani possano influire sugli azeri e su Erdogan. Una sconfitta per le ambizioni globali della Russia che si trova retrocessa al rango di potenza regionale. I veri protagonisti per il cambio di orientamento dei Paesi dell’Asia Centrale sono i cinesi e i turchi. Ci sarebbe uno spazio per l’Europa, sempre che lo voglia.


 

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