Il grande bluff del cuneo fiscale
Che si tratti del più grande intervento di taglio delle tasse sul lavoro da decenni è falso!
Vero o falso? Falso. Eh, sì, che si tratti del più grande intervento di taglio delle tasse sul lavoro da decenni è falso! La riduzione del cosiddetto cuneo fiscale partorita dal governo il primo maggio vale 4 miliardi che sono assai meno di quanto hanno messo a correre altri governi in precedenza. Il governo Renzi, nel 2014, introdusse il cosiddetto bonus degli 80 euro, una detrazione da 960 annui per lavoratori dipendenti; una manovra 9 miliardi l’anno. E per di più si trattava di una misura permanente.
Il governo Conte espanse il bonus portandolo a 100 e estendendolo oltre i 26mila euro fino a 40 mila con spese pari a 3 miliardi nel 2020 e 5 miliardi nel 2021. Draghi ci ha messo di più. I suoi provvedimenti di riduzione Irap, Irpef e contributi previdenziali per redditi fino a 35 mila euro, pensati come temporanei, e sottolineiamo temporanei, per aiutare a superare lo shock pandemico, sommavano a oltre 9 miliardi l’anno. Più del doppio dell’intervento dell’attuale governo, sbandierato come fosse epocale. 4 miliardi da qui a dicembre 2023, 7 mesi se tutto va bene; cosa sono rapportate alla vita (lavorativa) media di un italiano? Poca roba davvero.
Ma meno male! Perché, già questo intervento è finanziato in deficit, e quindi a debito, che pagheranno i nostri figli. Figuriamoci se fosse trattato di una manovra permanente! Il che mette in evidenza in tutta la sua drammaticità la faciloneria con cui i nostri governanti affrontano il problema del cuneo fiscale; problema che probabilmente c’è peraltro, visto che siamo al 49,5% contro una media OCSE del 34,6%. Faciloneria perché pensare di ridurlo abbassando le aliquote e finanziando con debito il deficit creato dalle minori entrate significa gettare le basi per un maggior fabbisogno di entrate future (per ripagare il debito contratto). Col risultato che, a parità di condizioni, sarà impossibile mantenere la riduzione del cuneo ottenuta.
Bisogna fare i conti con l’aritmetica del problema, che non è una opinione. Il cuneo fiscale, che fa la differenza tra salario lordo e il netto percepito dal lavoratore in busta paga, è fatta di contributi e imposte. Contributi e tasse, che li versino i lavoratori o le imprese, servono per finanziare la spesa pubblica in servizi pubblici di previdenza e quant’altro. A parità di reddito generato dal lavoro, ridurre l’incidenza percentuale dei contributi e delle tasse abbassando le aliquote comprometterebbe l’equilibrio tra entrate e uscite nel bilancio dello Stato, creando un deficit, che deve essere finanziato con debito. Che qualcuno domani dovrà pagare.
Un esempio. Se la spesa pubblica è 100 e i salari lordi sono 1000 per andare in pareggio occorre prelevare il 10%. Se abbassiamo l’aliquota a 9% creiamo un deficit di 10 che va finanziato con debito. Il debito prima o poi va ripagato. Come? Pagando tasse più alte. Quindi non è matematicamente possibile ridurre il cuneo riducendo le aliquote di imposizione fiscale per qualcuno. Cos’altro occorre fare? Nell’immediato se le riduco per qualcuno le devo aumentare per qualcun altro (ma stiamo andando nella direzione opposta, con la flat tax, che poi flat non è ma questa è un’altra storia, la storia di un’altra balla). Dopodiché la via maestra è aumentare la produttività del sistema economico italiano. Se aumenta la produttività, aumenta il valore aggiunto generato dal lavoro e il reddito con cui il lavoro viene remunerato. Con un maggior reddito lordo, i contributi e le tasse diventerebbero più sostenibili. Questo è il motivo per cui in Germania, il cuneo, che è leggermente più alto del nostro, 47,8% (dati OCSE, 2022), pesa meno.
Un altro margine su cui lavorare è ridurre la spesa pubblica inutile, e gli sprechi generati da un sistema pubblico che talvolta spende per creare consenso (voto di scambio) più che per fornire servizi. Questa è l’ineludibile aritmetica del problema. Da cui discende che un intervento credibile e sostenibile sul cuneo fiscale non può prevedere semplicemente l’abbassamento delle aliquote per qualcuno. Il governo ha varato un provvedimento temporaneo, non è un evento che ricorderemo nei libri di storia.