La Nuova Sardegna

G7 a Hiroshima

Europa e Usa: la Cina sarà meno vicina

di Plinio Innocenzi
Europa e Usa: la Cina sarà meno vicina

La progressiva deriva autoritaria cinese, l’amicizia senza limiti con la Russia, la crescente aggressività nei confronti di Taiwan, hanno fatto alzare i toni del confronto con le cancellerie occidentali

23 maggio 2023
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Nel Summit annuale del G7 di Hiroshima, i capi di stato presenti hanno espresso “più uniti che mai la determinazione ad affrontare le sfide globali di questo momento e a tracciare la rotta per un futuro migliore”.

Il comunicato finale contiene importanti dichiarazioni di principio che lette attentamente forniscono indicazioni sul futuro delle relazioni con i paesi e blocchi che si confrontano con le democrazie occidentali. Pur senza mai nominarla esplicitamente, la Cina è stata al centro dei molti incontri tra i leader, un convitato di pietra la cui presenza-assenza incombeva sul Summit. La seconda economia del mondo e il secondo paese più popoloso, da poco sopravanzato dall’India, ha tutte le carte in regola per partecipare a un incontro tra i grandi della terra. Così non è. La progressiva deriva autoritaria cinese, l’amicizia senza limiti con la Russia, la crescente aggressività nei confronti di Taiwan, hanno fatto alzare i toni del confronto con le cancellerie occidentali. Gli Stati Uniti nei confronti della Cina perseguono una loro agenda, secondo la quale la contrapposizione e il disaccoppiamento (decoupling) tra le economie sono dei passi necessari per il contenimento dell’ascesa cinese. La politica di contrapposizione di Washington si basa sull’imposizione di dazi, il bando all’esportazione di prodotti tecnologici e il marcamento stretto degli alleati affinché si allineino alla sua politica nei confronti della Cina. La Cina si è trasformata in fabbrica del mondo grazie al trasferimento di tecnologie da parte delle imprese occidentali tentate dalle potenzialità del mercato cinese, ma anche dalla manodopera a basso costo e la possibilità di spostare produzioni inquinanti. Un matrimonio di interessi che ha permesso di importare beni a costo bassissimo tanto da mettere fuori gioco interi settori produttivi in Europa e Usa. Finché la Cina incuteva timore non si è fatto troppo caso al trasferimento di così tante produzioni in settori anche strategici. Quando è scoppiata la pandemia, l’occidente ha realizzato di essere totalmente dipendente dalla Cina e si è scoperto nudo. Il “decoupling” è divenuto un termine di moda, assieme al “reshoring”, una delocalizzazione al contrario dalla Cina all’occidente. Nel comunicato del G7 la linea più morbida dell’Europa, che ha interessi contrastanti rispetto a agli Stati Uniti, sembra aver prevalso per cui la politica di resilienza e sicurezza economica deve basarsi “sulla diversificazione e sull'approfondimento delle partnership e sul “de-risking” (ridurre il rischio), non sul “de-coupling”. Un segnale di distensione nel tentativo di evitare un’eccessiva contrapposizione che in una così stretta interdipendenza economica non sarebbe di vantaggio per nessuno. Il processo innescato influenzerà le economie del G7 e difficilmente si potrà tornare alla situazione di totale dipendenza nei confronti dell’industria manifatturiera cinese. In questo contesto l’Italia ha un nodo complesso da sciogliere, l’accordo con la Cina sulla via della seta. L’Italia è stata l’unico paese del G7 a firmare questo memorandum, che ha sì valore simbolico e non ha molte implicazioni pratiche, ma proprio per questo riveste paradossalmente ancora più grande importanza. All’inizio del prossimo anno dovrebbe essere rinno vato tacitamente o disdetto, come le pressioni degli USA richiedono. Mentre l’Italia firmava l’accordo sulla via della seta, di fatto portando a casa nulla ma dando faccia alla Cina, la Francia e la Germania firmavano lucrosissimi accordi commerciali. Il governo Meloni dovrà ora affrontare questo problema con la speranza che la decisione che verrà presa sarà il frutto di una visione geopolitica e diplomatica dei rapporti con Pechino e non il risultato dell’approssimazione e superficialità che ci hanno portato a questa impasse.

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