La Nuova Sardegna

L’isola al palo

Sanità, riforma ancora ferma

di Eugenia Tognotti
Sanità, riforma ancora ferma

03 novembre 2023
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Missione salute e vuoti da riempire da Nord a Sud , isole comprese. Non sono incoraggianti quegli spazi bianchi in corrispondenza della Sardegna nell'elenco contenuto nella tabella che contiene lo stato di attivazione delle “ strutture funzionalmente attive” al mese di giugno scorso, secondo il monitoraggio Agenas, delle Regioni italiane.

Quattro condividono lo stesso bilancio. Zero case di comunità- i punti di accesso sul territorio con cui il cittadino dovrebbe entrare in contatto con il sistema socio-sanitario; zero centrali operative territoriali di coordinamento dei vari servizi sul territori. E zero, ancora, ospedali di comunità, con funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero. Con tutti gli opportuni distinguo, fanno venire in mente certe antiche carte della malaria in Sardegna, a cavallo tra Ottocento e Novecento, che rappresentavano graficamente le grandi aree prive di condotte mediche al centro dell’isola e in Gallura, dove innumerevoli centri potevano contare, solo sporadicamente, di medici in comune tra diversi paesi, ‘a scavalco’ per usare l’espressione usata al tempo nelle continue lamentele da medici, sindaci, funzionari pubblici.

Né sembra incongruo richiamare un passato così lontano in cui affondano le loro radici gli squilibri di sviluppo dell’oggi in Sardegna e nelle regioni meridionali. Il cui netto ritardo nella partita della riorganizzazione territoriale (il cosiddetto DM 77) è imputabile- ha dichiarato la Fondazione Gimbe - non a inefficienze locali, ma al 'punto di partenza' dell'assistenza in quella parte del Paese. E sì che la drammatica emergenza della Pandemia Covid-19 aveva dimostrato tutta l’urgenza di rafforzare la medicina del territorio, puntando sull’assistenza domiciliare e al superamento della dicotomia ospedale–territorio.

Chi può dimenticare – pur non avendone esperienza diretta - il sovraffollamento dei pronto soccorso nelle settimane cruciali dell’emergenza sanitaria, al centro di cronache, tristi e ansiogene?

Un ‘positivo’ al Covid su tre, in mancanza di medici e di un servizio di assistenza domiciliare, si è ritrovato solo, in preda all’ansia e alla paura e nella necessità di fare ciò che avrebbe potuto essere evitato: l’intasamento dei pronto soccorso e il ricovero ospedaliero, cosa che ha aggravato la già tragica situazione dei nosocomi, in particolare nelle aree investite per prime e con particolare forza dall’ondata pandemica. Regioni ‘blasonate’ come la Lombardia, sotto i colpi di maglio dell’emergenza, avevano visto crollare il loro primato di eccellenza in sanità. La questione del riordino della medicina del territorio è stata per mesi al centro dell’agenda della politica e del dibattito pubblico sulla Sanità del futuro. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha impresso una svolta.

Alla “Missione Salute” è collegato il nuovo assetto istituzionale e organizzativo che supera il modello di due mondi non comunicanti, l’ospedale e il territorio, puntando ad un unico sistema, diversificato in base al concetto di intensità della cura: ospedali di comunità, con funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero; case di Comunità , punti di accesso sul territorio in cui il cittadino entra in contatto con il sistema socio-sanitario; centrali operative territoriali (Cot ) con funzione di coordinamento e collegamento tra i vari servizi sanitari territoriali . In Sardegna le strutture da edificare sono 17, di cui 12 Case della comunità, 4 Centrali operative territoriali e un Ospedale di comunità. C’è da sperare che assicurare ai sardi una risposta efficiente e diffusa alla domanda di cure e di salute dei sardi non sia una ‘Missione impossibile’.

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