La Nuova Sardegna

Il pantano elettorale

Il governo romano della politica sarda

di Marcello Fois
Il governo romano della politica sarda

19 novembre 2023
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Il veto recente di Fratelli d’Italia alla ricandidatura di Christian Solinas come guida del governo regionale sarebbe una buona ragione per considerare la costituzione di un utile ed attivo centrosinistra in Sardegna. Il condizionale è d’obbligo per due motivi fondamentali. Il primo è che un centrosinistra, dunque un’opposizione, in Sardegna non esiste. Il secondo è che quello che appare come veto, veto sostanzialmente non è, ma semplicemente un baratto.

Christian Solinas nel grande gioco da tavolo che è la trattativa preelettorale tra forze politiche in corsa vale esattamente come una banconota dei Monopoli quando sei alla cassa del supermercato. La Sardegna stessa a quel tavolo non conta niente. Tuttalpiù può valere per accumulo in un pacchetto con altre regioni con lo stesso peso. In realtà i prossimi risultati elettorali della Sardegna, in quanto tali, non sono affatto determinanti. Né è determinante la presenza o meno di un candidato forte per vincere le elezioni.

E questo grazie a un elettorato “garantito” che pur nelle sue possibili oscillazioni non sposta di un millimetro l’assetto del sistema nazione. E grazie ad una tendenza al consociativismo ormai consolidata in cui maggioranza e opposizione concordano un “cessate il fuoco” permanente in nome di rendite di posizioni.

Basta dare ai progressisti locali un numero sufficiente di poltrone, anche nel sottobosco amministrativo locale, per fargli perdere qualunque desiderio di agire una politica del fare. E fargli perdere qualunque desiderio di governare. Troppa fatica, troppo lavoro. Una manifestazione plastica di questa pratica è la nostra specifica legge elettorale che sancisce che i due compari vincenti possano spartirsi tutto il malloppo nonostante il voto dei sardi. Per i lettori con la memoria corta ricordo che, unici nella storia democratica europea, siamo riusciti a tenere fuori dal Consiglio regionale una candidata, Michela Murgia, che aveva preso alle elezioni settantamila preferenze mentre candidati del centro destra e del centro sinistra hanno recepito stipendi in consiglio con seicento, mille, preferenze.

Perché la nostra è una delle Regioni col PIL più basso d’Italia, ma con gli stipendi per i consiglieri regionali più alti della nazione. Un paradosso solo in apparenza perché, da noi, “fare politica” corrisponde a conquistare il posto fisso. Tanto che a buona parte dei consiglieri in carica non conviene affatto, in termini economici, nemmeno fare gli assessori. La nostra è una regione in cui lo sbilancio territoriale tra Cagliari e il resto dell’isola è incommensurabile e cresce amministrazione dopo amministrazione. Dopo cinque anni di governo sardista la forbice si è allargata a tal punto che si può affermare senza problemi che l’intera Sardegna lavora per Cagliari e tutta Cagliari vota per l’intera Sardegna.

Una sperequazione talmente evidente che il candidato più appetibile, nonché più utile alle dinamiche delle spartizioni nazionali è il meloniano sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, e non, come volevasi dimostrare, il sardo leghista governatore in carica Christian Solinas. Ora se questo significasse realmente che il centrodestra sardo è diviso, la compagine progressista sarda potrebbe approfittarne per tentare la volata. Ma non succederà proprio in virtù del fatto che la nostra sinistra di governare non ne ha proprio voglia e infatti si divide quando dovrebbe compattarsi, si finge alternativa, ma non vuol perdere neanche un millimetro dello spazio acquisito grazie a cinque anni di non belligeranza e dunque annaspa nelle sabbie mobili delle formalità, primarie o no, candidato unico o no.

Come se da qui a Febbraio ci fosse tutto il tempo del mondo per allestire progetti e proporli all’elettorato. Ma non succederà soprattutto perché la sfiducia a Christian Solinas non è un segno di divisione del centrodestra sardo, ma il risultato di un accordo concepito fuori dalla Sardegna in cui l’unica cosa evidente è che, per governare la nostra isola, un vassallo vale l’altro.

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