La Nuova Sardegna

Dopo il voto

Argentina, un salto nel vuoto

di Mario Macis
Argentina, un salto nel vuoto

27 novembre 2023
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«Non c’è destino diverso da quello che forgiamo per noi stessi; non c’è obiettivo diverso da quello che creiamo per noi stessi». Questa frase, attribuita allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, risuona nella recente scelta dell’Argentina di eleggere Javier Milei come prossimo presidente e bocciare il candidato peronista Sergio Massa. Milei, con il suo programma estremo, ha conseguito una vittoria netta, sostenuta da un’alta partecipazione al voto. Il suo programma include tagli drastici alla spesa pubblica e alle tasse, privatizzazioni massicce, riduzione dei ministeri, dollarizzazione e la chiusura della Banca Centrale.

Il suo approccio, caratterizzato da un populismo aggressivo e simbolizzato da una motosega, si contrappone al populismo clientelare-assistenzialista dei peronisti. Eppure, la vittoria di un candidato così eccentrico e di un programma così radicale non sorprende chi conosce la realtà argentina, un paese afflitto da problemi economici cronici e in prolungata stagnazione. Il peronismo ha lasciato un’eredita disastrosa.

Con i Kirchner al potere per 16 degli ultimi 20 anni, l’Argentina, nonostante un sistema di welfare tra i più generosi del Sud America, vede il 40% della sua popolazione vivere sotto la soglia di povertà. L’inflazione, un problema cronico, ha raggiunto il 140%. Questa situazione ha creato un’economia distorta, dove la gente si affretta a spendere contanti prima che perdano valore, mentre chi vende beni preferisce aspettare, portando a una scarsità di prodotti e talvolta al baratto. I prodotti importati sono diventati costosi o introvabili, e le transazioni con carta di credito all’estero sono gravate da tasse quasi del 50%.

Di conseguenza, la domanda di dollari sul mercato nero è altissima, e il peso continua a deprezzarsi, come evidenziato dall’incremento drastico del tasso di cambio sul mercato informale, che solamente nell’ultimo anno e mezzo è passato da circa 290 pesos per un dollaro a circa 1000. C’è un chiaro legame tra la spesa pubblica fuori controllo e l’inflazione in Argentina. Per esempio, i consumatori argentini pagano molto poco per l’elettricità, che è fortemente sussidiata. I sussidi all’energia ammontano al 2% del PIL argentino e sono in gran parte finanziati tramite emissioni di moneta, contribuendo così all’inflazione.

Questo aggrava il carico sulle famiglie che, in un modo o nell’altro, finiscono per pagare il conto di queste politiche. Questa situazione ha generato profonda frustrazione e rabbia, soprattutto tra i giovani. L’Argentina è un paese drammaticamente in crisi, e la popolazione è esasperata. Non sorprende quindi che gli elettori abbiano respinto Massa e il suo partito. Anzi, stupisce il fatto che Massa (il quale, vale la pena ricordarlo, era ministro dell’economia nel governo uscente) sia arrivato al ballottaggio. Questo riflette la natura del populismo, dove i leader evitano di assumersi la responsabilità del disastro, incolpando fattori esterni come il Fondo Monetario Internazionale o la globalizzazione.

Sebbene la globalizzazione abbia le sue storture, l’Argentina vi ha partecipato marginalmente, essendo un paese molto poco aperto al commercio con l’estero. Infatti, la somma delle esportazioni e importazioni in percentuale del PIL argentino ammonta a poco più del 30%, a confronto con il 75% dell’Italia e la media mondiale del 99%. Nel suo discorso di vittoria, Milei ha dichiarato la fine del modello di stato onnipresente che ha impoverito il paese. Sebbene ciò rifletta la realtà argentina, dove una classe politica predatrice ha devastato l’economia, adesso però sorge il rischio che il pendolo si sposti troppo dall’altra parte, portando alla conclusione errata che lo Stato non sia necessario e che derive come quella peronista siano inevitabili. In realtà, lo Stato ha un ruolo fondamentale, le tasse non sono un furto, e le derive come quella peronista non sono un destino ineluttabile.

L’Argentina ha bisogno di cambiamenti radicali, ma le idee estreme di Milei potrebbero aggravare la situazione. Milei, ora con una grande responsabilità, dovrà governare con una minoranza in parlamento, collaborando con Bullrich e Macri. Questo potrebbe essere positivo, poiché alcune delle sue proposte più rischiose potrebbero essere mitigate. Gli argentini hanno scelto di fare un grande salto nell’ignoto, preferendo un netto distacco dal passato. Milei, come i suoi predecessori, ha ora l’enorme responsabilità di guidare il paese in un momento critico.

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