Javier Milei, l’ala destra del trumpismo
Javier Milei ha vinto il ballottaggio contro Sergio Massa, ministro dell’economia del governo precedente e corresponsabile della grave crisi argentina. Milei ha vinto anche perché ha ricevuto l’appoggio dell’ex presidente Macri uno dei maggiori rappresentanti di quel establishment che Javier dice di combattere. Il presidente eletto è un personaggio singolare, economista che fa riferimento alla scuola di Vienna, innamorato dei Chicago boys, propone una ricetta per l’Argentina che chiamare massimalista è fargli un complimento. Un Grillo all’ennesima potenza che ha sostituito il vaffa, con una motosega metaforica che nei suoi interventi e comizi era reale. L’uomo definito El Loco, il pazzo, fin dai suoi studi superiori, è un esoterista, dice di parlare tramite un medium con il suo cane morto che ha fatto clonare.
È convinto di essere mandato da Dio con il compito di estirpare il socialismo considerato dottrina satanica. Ha accusato papa Francesco di essere un inviato del Demonio in quanto, a suo dire, comunista. L’uomo lo si è subito paragonato a Trump e Bolsonaro, in realtà Milei è qualcosa di diverso e di più estremo rispetto ai due. Trump è rappresentate dell’establishment e Milei non lo è, Bolsonaro e un ex militare che per anni è stato parlamentare. Milei invece sorge da un nulla politico, si definisce anarco-capitalista, un ossimoro, in quanto l’essenza intima del capitalismo è anarchica, non sopporta controlli terzi, punta al monopolio.
L’unico elemento di contrasto per quella dottrina è il mercato che avrebbe una spinta auto-regolamentatrice. Il giornalista Juan Luis González che ha scritto un libro su di lui, che in poche settimane ha raggiunto le parti alte della classifica, sostiene che è un líder inestable que irrumpía en un país inestable. Un uomo solo che si fida solo della sorella Karina. L’unica continuità della sua esistenza. È stato un bimbo e ragazzo picchiato dal padre senza che mai la madre intervenisse. Traumi infantili che l’hanno portato a desiderare e predicare la libertà assoluta compresa la compravendita degli organi.
Secondo González Milei è unito agli altri esponenti dell’ultra destra mondiale dai temi generali con uno specifico locale. Crisi dei partiti politici tradizionali con il discredito generalizzato dei politici succedutisi dopo i militari, salvo Raúl Alfonsin; dalla crisi dei sindacati e da un individualismo esacerbato. Miliei è la risposta di una società post pandemica, uberizzata, senza più lavori continuativi ma occasionali; la scomparsa dei movimenti di massa che avevano nei posti di lavoro i luoghi di aggregazione, sostituiti dai social che offrono la libertà del rancore. Con l’ultradestra condivide il disprezzo per ogni diversità, specie quella sessuale. Il presidente ha davanti a sé un compito immane.
Una inflazione del 140%, non sostenibile per lungo tempo compreso il tasso di cambio del dollaro. Il peso subirà un ulteriore deprezzamento che l’annuncio della cancellazione della Banca centrale e la dollarizzazione dell’Argentina aggraverà con la fuga dei capitali. Oggi il Paese australe non ha la possibilità di rimborsare i 67 miliardi di dollari in obbligazioni internazionali e i 45 miliardi presi in prestito dall’Fmi e quelli che presumibilmente chiederà nei prossimi anni. La Banca centrale non ha dollari, eccetto quelli depositati nelle altre banche come parte delle riserve. Un nuovo default è dietro l’angolo.
Non basteranno i tagli annunciati e che forse non riuscirà a fare, visto che il suo partito non ha i numeri in parlamento. Sul piano internazionale il cambio potrebbe essere significativo. Il precedente governo aveva fatto domanda di adesione ai Brics, ma Milei è contrario, vuole riportare l’Argentina verso gli Usa. Più Trump che Biden, il tycoon è stato il primo a congratularsi con lui. Quanto durerà Milei visto che si annuncia un clima turbolento con una maggioranza risicata? Il destino dei populisti è scontrarsi con la realtà e negare le promesse fatte.