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Oristano

Malattia, liti e alcol: giorni drammatici raccontati dalle figlie

di Michela Cuccu
Malattia, liti e alcol: giorni drammatici raccontati dalle figlie

Al processo in Corte d’Assise a Cagliari per l’omicidio di Giovanni Cossu la testimonianza delle due ragazze

18 dicembre 2012
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CAGLIARI. Il ménage familiare non facile, minato dalla malattia di Elisabetta Fadda, sofferente di disturbo bipolare che la costringeva a stare per intere giornate a letto, soprattutto nell’ultimo anno, prima che lei stessa ponesse fine alla sua breve vita. I continui litigi della donna col marito Giovanni Cossu, con lui che cercava rifugio nell’alcol. Poi la tragedia, con l’uomo ucciso a coltellate, la sera del 15 ottobre del 2011.

Ieri è toccato alle due figlie, rimaste sole, ricostruire dinanzia ai giudici della Corte d’Assise del tribunale di Cagliari, dove si sta svolgendo il processo a carico dell’unico imputato, Domenico Fadda, fratello di Elisabetta, il clima familiare di prima, della tragedia tanto immensa il cui ricordo ancora fa trasalire la gente del paese, Busachi.

Due ragazze, Sabrina oggi quasi ventenne e Antonella, la più piccola, che aveva appena 14 anni quando rimase senza ne padre nè madre, che senza quasi mai tradire una compresibile emozione, tanto da apparire persino più adulte, si sono sedute sul banco dei testimoni.

Proprio accanto alla gabbia dove, in stato di detenzione con l’accusa di aver assassinato il cognato, c’era lo zio, in piedi, ad ascoltare in silenzio le deposizioni. Per prima è toccato alla più grande delle sorelle, Sabrina, un volto pulito incorniciato dai lunghi capelli lisci e scuri. Rispondendo alle domande del presidente, Francesco Sette e del pubblico ministero, Rossella Spano, la ragazza ha ricostruito le ultime fasi di quella tremenda serata.

«Ero uscita e mia madre mi avvertì al telefono dicendo di rientrare che era accaduto qualcosa. Mi chiese anche di cercare mia sorella, che non trovai e disse, parlando in sardo, che c’era da cercare zio, che era scappato. Quando arrivai a casa c’erano la dottoressa, mia madrina. E mia madre, col pigiama sporco di sangue, che urlava e piangeva. Le chiesi, mamma, cosa hai fatto e lei non mi rispose. Solo allora seppi cosa era accaduto e chiesi alla dottoressa se fosse il caso di chiamare l’ambulanza. Ma lei rispose che non ce n’era più bisogno: mio padre era morto».

Sabrina ha poi raccontato dei rapporti non facili fra padre e madre «mia madre era affetta da bipolarismo e incolpava mio padre di essere la causa della sua malattia. Perché beveva, anche se io non l’ho mai visto ubriaco, e la lasciava spesso da sola perché andava spesso a casa di mia nonna, per assisterla».

Poi, rispondendo ai legali della difesa, gli avvocati Raffaele Miscali e Agostinangelo Marras, la ragazza ha spiegato senza mezzi termini l’importanza del rapporto con lo zio Domenico: «La mamma gli raccontava tutto. Lui veniva a casa e riproverava mio padre, dicendogli di non bere più. Quando poi mio padre non riusciva a far la pace con mamma, allora chiamava nostro zio, per chiedergli aiuto».

Lo zio appunto, Domenico Fadda, legatissimo alla famiglia della sorella ed oggi, accusato di quell’assassinio. Zio che, come ha riferito la più piccola delle sorelle Cossu, Antonella, considerava tutti loro come «la sua famiglia. Non avrei mai immaginato potesse farci del male».

Anche Antonella, ai giudici ha confermato come i litigi fra padre e madre fossero piuttosto frequenti e che scatenarli «ogni occasione era buona». La voce rotta dal’emozione, la ragazza ha anche riferito di aver visto «qualche volta la mamma strattonare mio padre, senza picchiarlo. Mio padre, invece, con lei non usava mai le mani».

Un racconto drammatico, che la ragazza fece anche un anno fa, agli inquirenti, quando, come è scritto sui verbali, ammise di aver paura «che prima o poi mia madre potesse fare del male a mio padre». I giorni trascorrevano in quella casa a due piani, probabilmente alla ricerca di una qualche quiete. Come la sorella maggiore, anche Antonella ha spiegato che anche quella mattina la madre l’aveva trascorsa a letto perché non stava bene. Nnon si era alzata neppure per pranzare. E che poi lei era uscita per cenare dai vicini «ma la mia madrina arrivò e mi disse che mio padre era stato ammazzato».

La scena del delitto è stata poi ricostruita dai carabinieri del Ris di Cagliari. Il capitano Marco Palanca e il maresciallo Carmine Maria Scudiero, hanno riferito ai magistrati dei rilievi svolti sia all’interno della casa della famiglia Cossu sia nell’abitazione di Domenico Fadda. In entrambe le abitazioni c’erano tracce di sangue della vittima. Come pure sugli abiti indossati quella sera da Elisabella Cossu (pigiama e calzine) e da DomenicoFadda (giubbotto e scarpe).

Per aver un quadro tecnico più preciso bisognerà aspettare anche la testimonianza di un terzo militare del ris, che sarà convocato per la prossima udienza del 9 gennaio, quando, di fronte ai magistrati, deporrà anche il dottor Demontis che eseguì la perizia necroscopica. Nella stessa udienza dovrebbe essere sentita anche la sorella, di Elisabetta Fadda, Maria Giuseppa.

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