La Nuova Sardegna

Oristano

Il miracolo eucaristico che mobilita i fedeli

di Giampaolo Meloni

Mogoro, il convegno regionale dei campanari ha celebrato l’evento che si fa risalire al 1604

08 aprile 2013
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MOGORO. Negli anni tra il 1960 e il 1962 gli orologi elettronici hanno cominciato a prendere il posto delle campane. Da allora la figura del campanaro è stata lentamente sostituita. Ma gli appassionati non si sono arresi. Ne hanno dato prova sabato sera, al raduno annuale promosso dalle Confraternite del Sacro Rosario e del Santissimo Sacramento, in attività dal 1652, istituite con Editto del re di Spagna. Le guida, Priore unico, Ettore Melis, indaffarato, insieme alla Parrocchia di San Bernardino ad assicurare il migliore compimento di questa decima edizione del Concerto che celebra il Miracolo eucaristico del 1604. E saranno ancora loro, i campanari sardi, circa duecento in attività nell’isola e 140 riuniti nell’Associazione regionale suonatori di campane de Sardigna, a ritrovarsi in giugno per ricordare Francesco Atzeni, scomparso di recente, novantenne, appassionato praticante di Paulilatino. Era il più anziano. Film e foto arricchiranno l’iniziativa promossa dall’associazione suonatori presieduta da Peppino Milia di Irgoli, campanaro di Oniferi. L’associazione ha sede ufficiale a Norbello, paese dove il compito di mantenere viva la tradizione se l’è preso Sisto Manca, barbiere, 37 anni, il più giovane tra gli appassionati.

«Ci aspettiamo una grande partecipazione e speriamo di riuscire nel nostro progetto di valorizzare ancora la tradizione e insegnare ai giovani questa funzione ricca di cultura e storia, che tra sacro e profano ha scandito la vita delle nostre comunità, come ancora avviene in tanti centri dell’isola». L’aspettativa di Peppino Milia è condivisa da tutti i praticanti, molti dei quali, nelle loro attività private, sono approdati nel territorio anagrafico dei pensionati e che dedicano tempo e passione al suono delle campane.

Il più anziano è oggi Santino Sechi, 78 anni, campanaro di Nuraxinieddu, frazione di Oristano. Aspettano contributi, soprattutto di fonte istituzionale, per poter costruire un telaio mobile, sul quale montare almeno quattro campane da portare in giro per dare mostra di questa arte e conquistare una nuova generazione di campanari. Gli appuntamenti per l’associazione sono già tanti: il 18 maggio a Suelli, il primo giugno a Oliena. E tanti altri.

Le campane sono strumenti musicali. L’ampiezza e la profondità stabiliscono la tonalità e la nota. L’azione delle corde attraverso la manualità guidata dall’orecchio musicale ne definisce l’accordatura e la capacità dei campanari costruisce le melodie su impostazioni di base che caratterizzano il suonatore e il paese. Ogni comunità si distingue per sonorità proprie.

Un mondo carico di suggestioni. «Per queste ragioni i nostri raduni non possono essere gare, non ci possono essere graduatorie tra migliori. Sono esibizioni, contributi culturali che raccontano storie dei paesi e delle genti», precisa Peppino Milia. Lo hanno mostrato l’altro ieri sera a Mogoro, dove è ancora sentita la devozione al miracolo eucaristico.

Nel giorno di Pasqua del 1604 il reverendo Salvatore Spiga, dopo avere distribuito la comunione e riposto la pisside nel tabernacolo, vide che ai piedi dell’altare, dove erano inginocchiati i fedeli, c’erano due ostie che non erano cadute dalle sue mani nè dalla pisside. Le raccolse e notò che sulla pietra dove erano cadute, era rimasta l’impronta delle due ostie. Quella pietra, con i segni ben visibili, è custodita nello stesso altare.

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