La Nuova Sardegna

Oristano

bosa

Operaio morto, doppia condanna

di Enrico Carta

Omicidio colposo per un incidente sul lavoro del dicembre 2006

30 maggio 2014
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ORISTANO. Un volo di quattro metri verso la morte, davanti agli occhi dei compagni di lavoro. E proprio di lavoro morì Antonio Martino Ledda ad appena 35 anni. Era il 4 dicembre del 2006 quando precipitò da un ponteggio di una casa in via Azuni, appena due giorni sono invece passati dalla sentenza della quarta sezione della Corte di Cassazione che chiude definitivamente il caso giudiziario con la doppia condanna del responsabile della cooperativa Costruire 2002 e dell’ingegnere responsabile della sicurezza nel cantiere.

A Roma è arrivata la conferma delle condanne inflitte in primo grado dal giudice monocratico a Macomer e poi riviste dalla corte d’appello che ha condannato a un anno e mezzo l’amministratore della cooperativa Ignazio Mele, 68 anni di Bosa, e il suo concittadino, l’ingegnere Antonio Pintus di 44 anni.

Antonio Martino Ledda era impegnato assieme ad altri operai in un lavoro di ristrutturazione di una casa. Era salito sul ponteggio dal quale era caduto. Dopo essere piombato al suolo aveva perso conoscenza e dall’ospedale di Bosa, visti i traumi riportati, si era deciso di portarlo sino a Cagliari. Nemmeno il ricovero al Brotzu era stato sufficiente per evitare che il dramma si consumasse del tutto.

Immediatamente partì anche l’inchiesta che accertò che non tutte le norme di sicurezza erano state rispettate. In particolare, Antonio Martino Ledda, stava lavorando sul ponteggio senza essere assicurato con un’imbragatura che gli avrebbe evitato la caduta. E così si è arrivati alla condanna per omicidio colposo che gli avvocati difensori Guido Manca Bitti, Aloise Baria e Tullio Frau non sono riusciti a evitare. Ai familiari, che si erano costituiti parte civile attraverso gli avvocati Elio e Pierluigi Meloni e ai quali è già stata riconosciuta una provvisionale, andrà un risarcimento ancora da quantificare. (e.c.)

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