Norbello, eritrei senza le scarpe per giocare
I profughi ospiti del camping comunale non potranno partecipare al quadrangolare di calciotto
NORBELLO. La burocrazia tarpa le ali al processo d’integrazione tra la comunità locale e gli extracomunitari arrivati nelle scorse settimane nel tentativo di scampare a un destino di morte, miseria e sofferenza. Per far sentire il calore della popolazione ai trenta cittadini eritrei ospitati nel camping comunale, l’amministrazione ha organizzato un quadrangolare di calciotto che il primo agosto vedrà in campo i ragazzi del paese, di Ghilarza e di Abbasanta.
È notorio, lo sport è un collaudato volano d’integrazione sociale, ma nonostante le buone intenzioni che animano i promotori, il melting pot di etnie non sarà realizzato appieno. Gli stranieri, infatti, non potranno disputare la partita ma si dovranno accontentare di seguirla dalle tribune. La ragione dell’impedimento rasenta quasi il banale perché sarebbe bastato dotare i richiedenti asilo politico di un’idonea attrezzatura sportiva e il problema sarebbe stato risolto. Ma le difficoltà incontrate per reperire semplici calzature e salvastinchi danno la misura di quanto sia ancora profondo il solco tra i dettami della Costituzione in tema di accoglienza e solidarietà verso i popoli più deboli e le azioni che le istituzioni politiche mettono in campo perché questi principi siano affermati anche sul piano pratico. Un divario percepito nel momento in cui l’amministrazione locale ha chiesto alla Regione un contributo per l’acquisto di scarpette e tenute sportive. Il risultato è stato un inutile viaggio a Cagliari e una domanda protocollata dimenticata in chissà quale ufficio di via Roma.
«La scorsa primavera chiesi un contributo alla Regione e dal momento che alleno da 28 anni mi misi a disposizione per insegnare il gioco del calcio ai ragazzi eritrei – racconta il vicesindaco Antonello Medde –. Ma in tutti questi mesi non ho ottenuto risposte». L'amministratore cerca di scuotere chi ha la barra di comando. «Non è giusto che si deleghi tutto ai Comuni e al volontariato e quando è il turno delle istituzioni politiche queste non rispondano – tuona –. Non riusciamo ad accollarci le spese di tutto e i volontari mettono già a disposizione tempo e impegno. So che ai rifugiati del campeggio piace il calcio, ma scalzi non possono giocare», è l’amara conclusione del delegato allo Sport, che alla classe politica lancia un monito. «Visto che Stato e Regione insistono tanto sull’integrazione, facciano anche in modo di creare le condizioni per trattenere i cittadini stranieri». Per cominciare ci provano Comune e volontari: l’appuntamento è per le 20,30 al parco sportivo, dove è previsto anche un momento conviviale.
Maria Antonietta Cossu