Tornano le botteghe artigianali
Ma alle attività tradizionali, come i calzolai, se ne affiancano di originali nel settore della telefonia
ORISTANO. Le loro botteghe sono così poche quelle presenti in città si possono contare sulle dita di una mano. Un dato di fatto che lascia spazio a tante considerazioni: si tratta di autentiche rarità; il loro è un mestiere in via d’estinzione; ci vuol davvero passione e forse anche necessità di trovar comunque un modo per campare, soprattutto in tempi come questi di crisi e tutto il resto.
Negli ultimi anni, il numero dei calzolai che operano in città è raddoppiato. Se fino a qualche anno fa trovare qualcuno che ti rifacesse un tacco o riparasse in generale una scarpa o la borsa era quasi un’impresa da titani, adesso qualche bottega artigiana sta riaprendo e con successo.
Per trovarli, i clienti, bisogna farsi conoscere, magari con i sistemi più in voga, ad esempio, affidando la propria immagine ai social. È il caso di Cristian Saba, trent’anni, da dieci, dietro un banco a rifare suole e tacchi. La prima cosa che dice è «Questo mestiere prima, lo devi imparare».
Cristian racconta di aver fatto un lungo apprendistato da suo zio e che solo tre anni fa ha deciso di mettersi in proprio, con una bottega che oltre a riparare scarpe, borse e cinture, offre anche altri servizi, compresa la duplicazione di chiavi. «In realtà – dice – quando sei un’artigiano ti capitano richieste fra le più disparate. Spesso le accetto, come, aggiustare ombrelli e ombrelloni, altre volte, ho dovuto dir di no. Mi avevano chiesto una trappola per topi e io, quella, non ce l’avevo proprio e nemmeno la sapevo costruire».
È la manualità che conta, soprattutto, in questo lavoro che fino a qualche decennio fa era diffusissimo.
Lo ricorda Marco Franceschi, direttore della Confartigianato. «Come in tutto l’artigianato, anche quello del calzolaio non te lo puoi inventare. È un mestiere antico che sta ritornando, anche perchè il valore delle calzature è aumentato e se hai speso una cifra interessante per comprarti le scarpe, ci pensi due volte prima di buttarle via e comprarle nuove». Regole di economia individuale che riportano indietro a quando, il mercato delle calzature non era saturo e vario come adesso. «C’è da aggiungere che questo mestiere punta sempre più alla qualità. Così sono ritornati i calzolai che realizzano completamente le calzature, soprattutto nel caso dell’artigianato tipico, come ad esempio i gambali o le scarpe da lavoro», dice ancora Franceschi, che aggiunge come «non sorprende il fatto che l’età di coloro che intraprendono questo mestiere sia piuttosto giovane. È l’effetto di quel turn-over che nell’artigianato è indispensabile. Questo è un mondo in continua espansione e il turn-over – dice ancora – ha interessato anche le diverse tipologie di mestieri». Così, accanto ad alcune figure scomparse come l’impagliatore di animali o rarissime, come il cestinaio, negli ultimi anni ne sono comparsi di nuovissimi. È il caso della telefonia, che ha visto nascere laboratori di riparazione o per la realizzazione delle app». Evoluzione complessa per un settore che, come spiega il direttore, comprende quasi un migliaio di tipologie di mestieri differenti. E accanto a quelli nuovi e nuovissimi, ecco però la riscoperta di quelli più antichi. Non mancano gli aspetti negativi, che sono gli stessi calzolai a descrivere, riassumendoli soprattutto nel complicato mondo della fiscalità e della burocrazia. Insomma, tante imposte e una miriadi di obblighi da rispettare. «Così ci scoraggiano: è incredibile che in altri Paesi europei, come la Spagna, per aprire una attività bastino 48 ore e qui i tempi sono invece insostenibili, tanto da farci rinunciare», dice un calzolaio che, coperto dall’anonimato, quasi si sfoga di fronte a penna e taccuino. «Il peso delle imposte e della previdenza è insostenibile, ti fanno chiudere ancor prima di aprire e anche se hai manualità e capacità, rischi di finire imprigionato in un labirinto».