La Nuova Sardegna

Oristano

Delitto Casula, bocciato il gps

di Enrico Carta
Delitto Casula, bocciato il gps

Paulilatino, la Corte di Cassazione rimanda ai giudici d’appello la questione dell’arresto dell’indagato

16 dicembre 2015
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PAULILATINO. Tutto torna indietro con una sentenza che potrebbe aprire scenari giudiziari molto complessi. La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari il pronunciamento sull’arresto di Gavino Madau, in carcere da diversi mesi perché accusato di essere l’assassino di Giovanni Casula (69 anni), l’allevatore assassinato a sprangate nella sua casa la notte del 31 ottobre del 2014.

Ad incastrarlo, al di là di altri indizi, era stato il segnale del rilevatore satellitare piazzato nella sua auto e che ne aveva individuato gli spostamenti all’indomani del delitto. Grazie ad esso i carabinieri della Compagnia di Ghilarza avevano ricostruito i movimenti di uno dei principali sospettati e questo aveva consentito loro di capire che Gavino Madau (46 anni, allevatore) era stato nel luogo in cui era poi stato ritrovato il tubo in metallo usato per colpire alla testa Giovanni Casula.

Era stato il punto di partenza dell’inchiesta che aveva da lì proceduto a ritmo spedito. Ma il successo degli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Paolo De Falco, potrebbe essere smorzato dalla vittoria della difesa che ha portato il caso dell’arresto sino alla Cassazione perché quel gps aveva qualcosa che non andava. Funzionava perfettamente, ma funzionava da molto, troppo tempo. Era stato infatti piazzato nell’auto di Gavino Madau all’epoca dell’omicidio di Serafino Vidili, allevatore freddato da alcune fucilate nel suo podere un anno e dieci mesi prima dell’omicidio Casula.

Anche in quell’occasione Gavino Madau era tra i sospettati e così la “cimice” fu piazzata nella sua auto. Risultò poi che nulla aveva a che fare con quel delitto. Il rilevatore satellitare però non fu mai tolto dall’auto dove rimase per venti mesi e così, all’indomani dell’omicidio di Giovanni Casula, i carabinieri lo riattivarono immediatamente. Proprio sulla presenza del gps nell’auto era nato lo scontro tra accusa e difesa. Il pubblico ministero aveva chiesto e ottenuto, attraverso il giudice per le indagini preliminari Silvia Palmas, l’arresto dell’indagato sul quale, proprio grazie a quelle rilevazioni satellitari gravavano pesanti indizi di colpevolezza. Quasi inconfutabili. Ma la difesa, affidata agli avvocati Gianluigi Mastio e Marcello Sequi, aveva da subito giocato una carta non da poco sulla base di una domanda molto semplice che però meritava le giuste attenzioni: «Può un cittadino già intercettato essere controllato ad oltranza anche quando si è accertato che non è responsabile del reato?». Quella carta era stata riproposta anche sul tavolo anche della Corte d’appello senza successo, ma ora la Cassazione ha ribaltato il verdetto che aveva dichiarato valido l’utilizzo del gps per un’indagine diversa da quella per la quale lo strumento era stato usato mesi e mesi prima.

In attesa di conoscere le motivazioni del provvedimento, la difesa si appresta a riproporre i suoi dilemmi nel prossimo riesame che certamente precederà l’udienza preliminare già fissata per il 15 gennaio nella quale si deciderà l’eventuale rinvio a giudizio dell’imputato. «Siamo soddisfatti del risultato, ma attendiamo di conoscere le motivazioni – dicono gli avvocati Gianluigi Mastio e Marcello Sequi –. Rischiavamo di trovarci di fronte al principio assurdo di giustizia per cui un cittadino può essere sottoposto a controllo costante, indipendentemente dal fatto che vi siano ragioni investigative che giustifichino l’interferenza nella sua vita privata».

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