Casa Gramsci, monumento tra guelfi e ghibellini
La polemica all'indomani del voto della Camera dei deputati con 35 contrari
Antonio Gramsci. Dovrebbe bastare il nome per unire e andare oltre gli steccati della quotidianità politica. Dovrebbe bastare il nome per evitare di soffermarsi sempre e soltanto sul dettaglio e sull'interesse particolare, tralasciando quella categoria che Aristotele definì per primo come l'universale.
È per questo che si resta perplessi di fronte a quel che è accaduto nei giorni scorsi attorno ad uno dei più grandi pensatori che il Novecento abbia conosciuto.
Antonio Gramsci, il sardo più famoso della storia, è stato, suo malgrado, al centro di una divisione. Manco fosse uno di quegli ambigui personaggi legati a doppia mandata al fascismo e quindi alla negazione dei diritti e della democrazia. È stato al centro di una diatriba che sembra condurre a uno svilimento del sempre elevato livello degli argomenti da lui affrontati in vita.
Quella polemica, vista da chi sta al fuori dei giochi politici e degli ordini di scuderia dei Palazzi ai quali evidentemente tutti coloro che vi soggiornano si adeguano molto in fretta, risulta ancor più stonata in un giorno in cui, in mezzo a una miriade di altri provvedimenti, la Camera dei Deputati ha votato favorevolmente all'attribuzione dello status di Monumento Nazionale per la Casa Gramsci di Ghilarza.
Trentacinque onorevoli del Movimento Cinque Stelle - il centrodestra ha votato a favore e la Lega si è astenuta - hanno infatti votato contro il provvedimento promosso dal Partito Democratico. L'hanno fatto muovendo un'argomentazione degnissima e della quale, altrettanto misteriosamente o forse sempre per i soliti giochi politici, il Parlamento sinora non ha affrontato: hanno sostenuto si stesse votando un provvedimento vuoto, perché quello di Monumento Nazionale non è uno status riconosciuto dal nostro ordinamento legislativo.
Tutto vero e tutto giusto, ma certe volte - e vale anche per chi non avvia la discussione sull'argomento portato avanti dai Cinque Stelle - viene difficile capire il perché di certe scelte politiche. Di fronte a un filosofo di statura mondiale; di fronte a un pensatore mai banale e sempre corretto verso gli interlocutori; di fronte a un politico di livello internazionale; di fronte a una vittima di una dittatura; di fronte a chi ha anche patito più di una gelosia interna, l'etichetta di comunista è quanto mai riduttiva.
Antonio Gramsci è un patrimonio culturale, un simbolo di libertà e di democrazia e, solamente per questo motivo, la polemica innescata e il successivo voto contrario sembrano stonare con il livello del personaggio al quale si stava facendo riferimento. Ecco che Ritorna la domanda: «Quanto è corretto far prevalere la difesa a oltranza del proprio confine (politico e non) rispetto a un valore universale? Ha senso la lotta perenne tra
guelfi e ghibellini? È giusto il «Contro il nemico, ad ogni costo»?