La Nuova Sardegna

Oristano

L’arte dietro le sbarre quando la cultura non conosce ostacoli

di Michela Cuccu
L’arte dietro le sbarre quando la cultura non conosce ostacoli

L’esposizione del prezioso dipinto nel carcere di Massama Dai detenuti grazie all’arcivescovo con messaggi e poesie

25 maggio 2016
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ORISTANO. «È stato davvero coraggioso il vescovo nell’affidare a Jean Valjean (protagonista de “I miseralbili”, ndc) la sua argenteria». È il passaggio di una delle tante, fra lettere e poesie, che i detenuti del carcere di Massama hanno scritto all’arcivescovo Ignazio Sanna, in segno di ringraziamento per aver potuto, primi in assoluto, ammirare il dossale “Madonna col bambino e i santi”, attribuita a Memmo di Filippuccio, pittore miniaturista che nel 1300, a San Gimignano, lavorava a stretto contatto con Duccio di Boninsegna e Giotto. Opera d’arte preziosissima, con la prima iconografia di San Francesco ma anche la prima opera a fondo oro a raggiungere la Sardegna, e soprattutto la prima di tale valore ad essere esposta in un carcere. Ìeri mattina, al museo diocesano, nel corso di un incontro con gli studenti del Liceo artistico “Carlo Contini”, sono stati illustrati i risultati di “LiberArte” titolo dell’iniziativa scelto per sintetizzare il concetto dell’arte che visita la cella, ma anche vista dalla cella, si potrebbe aggiungere. Un progetto denso di significati, quello che si è realizzato nella seconda metà di aprile a Massama, il primo in Italia nel suo genere, ovvero, portare una opera d’arte di enorme valore in un carcere, mettendola a disposizione unicamente dei detenuti. Promosso dalla Soprintenza Belle arti e paesaggio delle province di Cagliari e Oristano, attraverso un finanziamento del ministero dei Beni culturali, il progetto è stato reso possibile grazie alla collaborazione della diocesi arborense e naturalmente, della direzione del carcere che attraverso la sua equipe di educatori hanno fatto si che l’arte diventasse davvero occasione di riconquista della libertà. Che l’evento continuerà a lasciare tracce fra le sbarre del carcere si è intuito anche dalle parole di uno dei tre detenuti che ieri mattina era presente al convegno «Dall’arte c’è sempre da imparare e grazie alle storiche dell’arte della Soprintendenza che hanno raccontato ogni dettaglio dell’opera ne abbiamo potuto apprezzare la reale bellezza». Olga Melis, responsabile dell’area educativa del carcere, ha parlato del grande significato che l’iniziativa ha avuto sul percorso rieducativo dei detenuti «Un’esperienza straordinaria con ricadute importantissime. Basti pensare alla straordinaria partecipazione con tutti che hanno voluto poter ammirare il dossale e ascoltare con grande interesse le spiegazioni degli esperti».

Non poteva andare diversamente «l’arte – come ha detto il vescovo– ha un linguaggio universale ».

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