La Nuova Sardegna

Oristano

Il malessere di Bosa: l’attentato a Mastino e un anno di veleni

di Simonetta Selloni
Il malessere di Bosa: l’attentato a Mastino e un anno di veleni

Altri episodi dopo le auto incendiate al primo cittadino Clima pesante tra lettere minatorie, accuse e calunnie via Fb

23 novembre 2016
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BOSA. Un anno fa, le due auto del sindaco Luigi Mastino e della moglie erano state distrutte dalle fiamme. Un attentato in piena regola, Prima e dopo, uno stillicidio di intimidazioni, allusioni, calunnie: un paradigma completo tratto dal manuale di “Come appesantire il clima politico e sociale”. Di mira non soltanto il primo cittadino, bersagliato anche sui social – episodi per i quali è stata fatta una denuncia ai carabinieri –. Ci sono anche altri esponenti politici che hanno subìto attentati. Tra questi, l’assessore Silvia Tanda. Andiamo con ordine.

Le auto del sindaco. La notte del 20 novembre dello scorso anno, la’Alfa 147 del sindaco e la Fiat 500 della moglie, parcheggiate sotto casa, erano state distrutte dalle fiamme. Due incendi appiccati simultaneamente, nessun testimone, nessuno che potesse dare un minimo di indicazione. Anche le telecamere di alcuni esercizi commerciali e di un istituto di credito, lungo le strade delle possibili vie di fuga degli attentatori, non hanno restituito l’identikit degli incendiari. Qualche mese fa sembrava di esser vicini a una svolta, ma così non è stato. La conclusione è che non c’è una conclusione, almeno non nel senso sperato. Per l’attentato contro Luigi Mastino e la moglie, si era sollevata unanime la voce di condanna, trasversale come accade in queste occasioni: componenti la coalizione, avversari politici. La sensazione è che l’episodio andrà archiviato nel libro nero degli attentati agli amministratori, di cui abbonda il Nuorese, zona geografica contigua e alla quale Bosa storicamente appartiene.

Le auto del sindaco 2. Al di là della solidarietà sincera al sindaco, si è mosso il “tribunale delle ombre”: l’organismo parallelo che a Bosa come altrove alita sul fuocherello della calunnia per assegnarle dignità di verità. Ed è così che, qualche mese dopo la distruzione delle macchine, Luigi Mastino si è trovato di fronte alle accuse striscianti di aver ricomprato la macchina con i soldi del Comune. Anzi; quelli ancora più informati dei bene informati, hanno addirittura girato il conto allo Stato. Replica: «Macché. Ho pagato con i soldi della mia famiglia. Nessuna richiesta risarcitoria alla quale avrei comunque potuto accedere», risposta del sindaco.

Facebook. Le calunnie, che nei tempi andati correvano di bocca in bocca, oggi hanno un calunniodromo tutto per loro. Facebook. Ed è qui che si sono esercitati i detrattori di sindaco, giunta e simpatizzanti. Utilizzando nomi farlocchi, sono andati giù pesante. Ma stavolta la giunta non è rimasta a guardare. E sul tavolo dei carabinieri di Macomer è arrivata un’altra denuncia formale. Ma anche in questo caso, nessuna soluzione, nel senso che si sono fatte ipotesi, scandagliate piste ma non si è arrivati a un punto di svolta. Calunniatori social impuniti.

Dispetti e dintorni. Auto squarciate, telefonate nel cuore della notte, lettere minatorie. Destinatari: altri esponenti politici – come l’assessore Silvia Tanda –, il Comiato Partite Iva che aveva contestato il provvedimento del Comune per il recupero dei crediti dai contribuenti. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, al gioco di “tutti contro tutti”: in questo tritacarne si fa fatica a distinguere un costrutto logico che leghi le intimidazioni. Figurarsi la provenienza. C’è una spaventosa carenza di grammatica comune del confronto civile. Bosa – per ammissione degli stessi suoi amministratori – vive un clima pesante. Una pericolosa deriva del suo proverbiale sarcasmo. E la soluzione non sembra a portata di mano.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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