La Nuova Sardegna

Oristano

Alluvione del 2013, chiesto il processo

Alluvione del 2013, chiesto il processo

Accusa di disastro colposo: rischiano il rinvio a giudizio un funzionario della Provincia e due ingegneri

08 dicembre 2016
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PALMAS ARBOREA. La colpa è del ponticello e di quel che vi sta sotto. È per questo che è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio con l’udienza preliminare fissata per il 26 gennaio. Del resto il ponticello che passa sopra il Rio Zeddiani l’hanno costruito gli uomini ed è agli uomini che la procura della Repubblica chiede conto per gli esiti della devastante alluvione che colpì la Sardegna il 18 novembre del 2013. Altrove ci furono morti, a Tiria la furia dell’acqua non arrivò a tanto, ma i danni furono notevoli e proprio il Rio Zeddiani finisce sul banco degli imputati. Quello che d’estate è spesso meno di un rivolo, in quella terribile giornata d’autunno divenne un fiume in piena che allagò le campagne e invase le case.

Eppure non sarebbe stato solo un eccezionale fenomeno naturale di particolare portata, perché secondo il pubblico ministero le responsabilità sono legate anche alla costruzione di quel sovrappasso che modificò l’assetto della strada. È per quel motivo che in tre, accusati di disastro colposo, rischiano il processo. Sono Marco Manai (difeso dall’avvocato Paolo Todde), ingegnere in servizio alla Provincia, pagherebbe per il suo ruolo di responsabile del procedimento amministrativo; gli ingegneri Antonio Dessì (difeso dall’avvocato Massimo Ledda) e Armando Unti (difeso dall’avvocato Stefano Gabbrielli) per essere stati direttore dei lavori e progettista. Il sollevamento della carreggiata, infatti, obbligò anche a prevedere la creazione al di sotto del ponticello di due grossi tubi attraverso i quali doveva passare l’acqua del Rio Zeddiani.

Mai abbondante tranne che in quel giorno maledetto, l’acqua trascinò con sè anche un’enorme quantità di detriti. Secondo le indagini affidate alla sezione di polizia giudiziaria della Guardia Forestale, si formò quindi uno sbarramento che impedì alla grossa massa d’acqua di scorrere regolarmente. L’effetto diga ebbe una semplice e dannosa ripercussione: l’acqua scavalcò il sovrappasso e devastò campi e abitazioni della borgata di Tiria, da dove ora una decina di residenti è pronta a costituirsi parte civile sin dall’udienza del 24 gennaio. L’accusa sostiene che il progetto e di conseguenza il successivo lavoro furono fatti senza prevedere la possibilità che il Rio Zeddiani potesse avere una portata pari a quella del giorno dell’alluvione. Così se i due grossi tubi possono andar bene per tutti i giorni dell’anno, in caso di precipitazioni di quel tipo non sarebbero adeguati.

Ovviamente la difesa ha un parere nettamente diverso che emergerà sin dalla prima udienza. L’eccezionalità di un evento del genere va oltre le più logiche previsioni ingegneristiche per cui sarebbe nessun progetto avrebbe messo in conto che si potesse arrivare a quanto poi accadde in una delle giornate più nefaste che la Sardegna abbia conosciuto negli ultimi anni.

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