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Capu d’Aspu, ancora scontro al processo

Capu d’Aspu, ancora scontro al processo

BOSA. Date, documenti, polizze di fideiussione. Tutto torna per l’accusa; nulla torna per la difesa. Il processo per la questione dei lavori alla diga foranea alla foce del Temo vive un’altra...

31 marzo 2017
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BOSA. Date, documenti, polizze di fideiussione. Tutto torna per l’accusa; nulla torna per la difesa. Il processo per la questione dei lavori alla diga foranea alla foce del Temo vive un’altra giornata di scontri tra le controparti durante le ore in cui c’è la deposizione di uno degli agenti di polizia giudiziaria che effettuarono le indagini. Da queste scaturisce il processo che vede sul banco degli imputati i componenti della commissione di collaudo, gli ingegneri Tonino Manca di Sedilo, Piero Dau e Antonello Garau di Oristano e gli altri accusati tra cui l’ex sindaco Pierfranco Casula, la dipendente comunale Rita Motzo, il geometra del Comune Luciano Baldino, responsabile del procedimento per l’opera pubblica, l’ingegnere Salvatore Bisanti di Napoli, responsabile dell’impresa Research, e l’ingegenere cagliaritano Paolo Gaviano.

Le domande del pubblico ministero Armando Mammone mirano a mostrare come tra la commissione di collaudo e l’impresa ci fosse una sorta di accordo tacito per far sì che ai lavori venissero date certificazioni anche se questi non venivano conclusi. Ciò consentiva all’azienda di avere i soldi, ai componenti della commissione di ottenere il pagamento delle parcelle e al sindaco di garantirsi i voti per le elezioni successive. Andò diversamente, ma per la difesa affidata agli avvocati Franco Luigi Satta, Gianfranco Siuni, Guido Manca Bitti, Roberto Dau, Speranza Benenati, Walter Pani e Franco Pani, tutto il castello accusatorio resta poggiato su fondamenta non esattamente solide, tanto che anche ieri ci sono state numerose schermaglie in particolare sulla presenza o meno di documenti, sui tempi nei quali furono convalidate alcune procedure che secondo l’accusa vennero certificate precedentemente alla loro conclusione. Due degli imputati hanno poi fatto dichiarazioni spontanee per difendere il loro operato e precisare o correggere alcune delle dichiarazioni fatte dal testimone. Ulteriore polemica c’è stata poi sulla questione del rapporto tra il lavoro e il Piano Stralcio delle fasce fluviali con un intervento attribuito a Piero Casula e che invece era opera del suo quasi omonimo Paolo Casula che l’aveva preceduto alla guida del Comune. Si torna in aula il 9 maggio. (e.c.)

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