La Nuova Sardegna

Oristano

A S’Urachi un villaggio di 2600 anni fa

A S’Urachi un villaggio di 2600 anni fa

San Vero Milis, la campagna di scavi riporta alla luce le testimonianze di una importante comunità

26 luglio 2017
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SAN VERO MILIS. Saranno resi noti questa sera, nello spazio della biblioteca estiva di Mandriola, i risultati dell’ultima campagna di scavi condotta dall’equipe guidata dagli archeologi Peter Van Dommelen e Alfonso Stiglitz nel sito archeologico di S’Urachi. «Dopo cinque anni di scavi e studi - ha detto Van Dommelen - cominciamo a vedere i primi frutti del nostro lavoro». Dagli scavi di quest’anno è arrivata la conferma che intorno all’imponente monumento c’era un villaggio di dimensioni notevoli, abitato da una comunità ben strutturata, con fasce sociali di vari livelli. Ormai il collegamento con gli altri siti della provincia, compreso Mont‘e Prama, è praticamente certo. Chi aveva pensato a un pozzo sacro, vista la presenza di una grande quantità d’acqua a pochi metri dall’antemurale, è rimasto deluso. «Questa era una zona paludosa - ha spiegato Van Dommelen -, quindi la presenza dell’acqua, che probabilmente scendeva dal Montiferru, è da ritenersi normale. Parlare di pozzo sacro, è fuori luogo. Forse si tratta di un fossato realizzato come forma difensiva, come a voler significare che quell’area era sotto il dominio di chi vi abitava in quel tempo». Per contenerla però, gli antichi abitanti del sito, hanno costruito dei muri, parte dei quali, grazie agli scavi effettuati, sono ancora visibili. «Si, è così - conferma Van Dommelen -. I muri, realizzati intorno al settimo secolo a.C., probabilmente servivano proprio a quello scopo, ma forse anche per evidenziare la presenza, e l’importanza, di chi vi abitava». Dal fango sono emersi molti materiali organici, conservatisi fino ai giorni nostri proprio perché immersi nell’acqua. Gli studiosi, insieme a una grande quantità di cocci ceramici (tra i quali anche quasi tutti i pezzi di un vaso punico di pregevole fattura, che è in fase di ricomposizione), anche molti resti di cibo: ossa bovine, ovine, di cervo e anche di pollo; poi ancora: semi di grano, di fico, di lino, vinaccioli e pezzi di legno. Gli studiosi hanno scavato fino alla base di fondazione dell’antemurale e per un buon tratto antistante lo stesso, dove si evidenzia quello che rimane delle costruzioni che costituivano il villaggio, prima nuragico, poi punico, quindi romano. «Lo sforzo fatto dal Comune, che mette a disposizione degli studiosi l’assistenza logistica necessaria - ha detto il sindaco Luigi Tedeschi - sarà ripagato dai risultati che stanno emergendo, con sempre maggiore chiarezza, di anno in anno. Risultati che dicono quanto l’area di S’Urachi fosse importante». Risultati che sicuramente meritano la massima visibilità e valorizzazione.

Piero Marongiu

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