La Nuova Sardegna

Oristano

Fuori dal Parlamento coi nuovi collegi elettorali

di Enrico Carta
Fuori dal Parlamento coi nuovi collegi elettorali

L’Oristanese rischia di non avere rappresentanti alla Camera e al Senato La nuova suddivisione prevede lo smembramento del territorio in due ambiti

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ORISTANO. È come un’erosione lenta, ma inesorabile. Col tempo lavora e alla fine non rimane più terreno al quale aggrapparsi. Così Oristano e il territorio rischiano, per la prima volta da quando esiste la Repubblica e la Sardegna ne fa parte, di rimanere esclusa dal Parlamento. Potrebbe cioè avere un numero di rappresentanti pari a zero. Il meccanismo della nuova legge elettorale c’entra, ma non è il solo vero responsabile di un vuoto che spoglierà ulteriormente il territorio, facendo venir meno il punto di riferimento diretto con il luogo massimo delle decisioni democratiche.

Il tutto sta avvenendo nel silenzio generale, perché in questi mesi non una voce contraria si è levata decisa contro la suddivisione dei collegi che rischia seriamente di tagliare fuori Oristano. Certamente dal Senato, quasi certamente dalla Camera dei Deputati. Eppure a pochi o nessuno piace questa situazione. Non piace a chi ora è in Parlamento, non piace a chi c’è stato, non piace a chi da tempo occupa posti che contano nel panorama della politica oristanese. Così la deputata del Pd Caterina Pes riporta indietro l’orologio: «Non è un problema di questa legislatura, ma ha un’origine vecchia di almeno dieci anni e infatti in questo momento delicato per il nostro territorio mi trovo a dover fare da sola la battaglia in Parlamento. Spero che in commissione si possa rivedere la composizione dei collegi, perché non mi sembra giusto che Oristano scompaia al Senato o venga frazionata alla Camera».

I palazzi romani li ha frequentati, ad esempio, l’ex presidente della Provincia ed ex deputato di An, Massimiliano De Seneen che così legge la situazione: «È necessario un mea culpa. Da tempo il territorio non è rappresentato degnamente in Regione e in Parlamento. Purtroppo l’aspetto demografico incide e per questo è anche difficile trovare una ricetta. Mi chiedo come invertire la rotta senza rappresentanza. È un circolo vizioso».

Sull’altro campo, quello del centrosinistra, ha invece trascorsi romani l’ex deputato Ds, Raffaele Manca: «Un tempo il Parlamento era aperto al territorio attraverso il lavoro dei partiti tradizionali che quel territorio rappresentavano. Ora abbiamo una classe politica molto elitaria che nega addirittura che il radicamento territoriale sia un valore e così si è arrivati alla rarefazione delle rappresentanze. Eppure la politica ha un valore tanto più alto quanto più estesa è la rappresentanza».

Un altro “grande vecchio” della politica oristanese come l’ex presidente della Provincia, Pasquale Onida parla di situazione drammatica: «C’è una quiescenza della comunità che non fa pressione sulle forze politiche affinché rivendichino i diritti del territorio. Comunque la colpa maggiore va attribuita alla classe dirigente. Ai tempi nostri c’era vigore e le scelte negative non venivano accettate».

Ex assessore regionale ed ex presidente della Provincia lo è stato anche Gianvalerio Sanna che è assai critico verso chi c’è oggi: «Si può perdere di peso politico anche avendo delle rappresentanze in Parlamento. Siamo di fronte a partiti che non hanno più collegamento con l’elettorato, ma sono solo apparati che inevitabilmente perdono la naturale propensione a difendere i territori. L’ambizione singola in casi del genere non è sufficiente, ciò che serve è invece la rottura delle separazioni che distinguono le forze politiche. La risalita? C’è bisogno di cultura e spessore e un azzeramento potrebbe non essere il male assoluto, ma un punto da cui ripartire».

Eppure c’è chi nutre ancora speranza che non tutto sia perduto. Il consigliere regionale del Pd Antonio Solinas è tra questi: «I collegi ci penalizzano, ma se il nostro partito e l’intero centrosinistra faranno un discorso valido, avremo la possibilità di recuperare i territori esclusi con una rappresentanza nel listino e quindi un’elezione. Certo che 160mila residenti meritavano un collegio elettorale unico, ma Roma fa orecchie da mercante». E tra i possibilisti c’è un altro consigliere regionale, è Attilio Dedoni dei Riformatori Sardi: «Se al momento del voto il territorio va compatto su una figura che possa rappresentarlo validamente, possiamo ovviare a questo ostacolo dei collegi. Non bisogna farsi trascinare da interessi esterni alla nostra provincia, bisogna tenere a bada i tagliatori di teste e cancellare il convincimento che bisogna bloccare chi ha voglia di crescere e di farlo per il territorio».

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