La Nuova Sardegna

Oristano

Una polmonite fulminante ha ucciso Doddore Meloni

di Mauro Lissia
Doddore Meloni
Doddore Meloni

L’esito dei test istologici ribalta la tesi della morte per scompenso cardiaco

09 dicembre 2017
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CAGLIARI. Sarebbe stata una polmonite acuta, probabilmente di origine virale, a uccidere Doddore Meloni, l’indipendentista di Terralba morto lo scorso 7 luglio a 74 anni all’ospedale Santissima Trinità di Cagliari dopo 66 giorni di sciopero parziale della fame e della sete, prima nel carcere di Massama e poi in quello di Uta. La causa del decesso è emersa dopo i test istologici eseguiti dell’istopatologo Gualtiero Cattani, incaricato dal pm Marco Cocco di accertare insieme al medico legale Roberto Demontis e allo specialista in sindromi dismetaboliche e nutrizionali Paolo Usai come e perché il fondatore di Malu Entu abbia perso la vita nel corso della sua ennesima azione di protesta, legata stavolta ad una serie di condanne e alla conseguente detenzione che Meloni riteneva ingiusta.

La relazione peritale non è stata ancora consegnata all’ufficio del pubblico ministero Marco Cocco che indaga contro ignoti e senza ipotesi di reato, gli specialisti impegnati nell’esame si sono incontrati più volte per discutere gli esiti dei test, che rappresentano per certi versi una sorpresa: la causa della morte, al primo esame autoptico, era stata indicata in uno scompenso cardiaco. Ma su questa conclusione l’avvocato difensore di Doddore Cristina Puddu e i familiari dell’indipendentista avevano espresso forti perplessità. Di certo la parola polmonite non è mai apparsa nelle cartelle cliniche che documentano i ricoveri di Meloni nei centri medici delle prigioni di Oristano e Cagliari, fino all’ospedale cagliaritano. Così come è certo che il giudice di sorveglianza Daniela Amato non è stato mai informato di un’eventuale grave infezione polmonare che avrebbe potuto indurre il magistrato ad accogliere l’istanza di scarcerazione proposta dal difensore. D’altro canto non sembra che Doddore, gravemente malnutrito per sua scelta, abbia manifestato febbre o altri sintomi che potessero ricondurre a una diagnosi di polmonite. Non risulta peraltro che Doddore soffrisse di malattie dell’apparato cardiocircolatorio, sembra che il suo cuore fosse sano almeno in rapporto all’età. Ma un digiuno parziale di oltre due mesi - dal 28 aprile al giorno della morte - che ha provocato un dimagrimento drastico e repentino, può aver fiaccato anche un uomo come lui, che aveva 74 anni e alle spalle una vita complicata. Risulta tra l’altro che insieme al cibo del carcere e all’acqua Meloni avesse rifiutato più volte di sottoporsi a controlli diagnostici, che venivano disposti per cautela dai medici del carcere sotto il controllo del giudice di sorveglianza.

Ora però un’ipotesi ci sarebbe e forse qualcosa di più: un’infezione virale acuta, un episodio di polmonite fulminante che avrebbe condotto il detenuto alla morte nel giro di pochissimi giorni, portandolo a uno stato di ipossia da cui sarebbe stato difficile salvarlo. L’ipotesi troverebbe un riscontro, sia pure fragile, nelle difficoltà respiratorie manifestate da Meloni nella fase critica, quella in cui le sue condizioni si sono aggravate d’improvviso, quando già erano pronti i documenti per il suo ritorno in carcere. Il decorso della malattia sarebbe stato brevissimo, mentre alla luce degli esami clinici eseguiti su Doddore nel corso della degenza sarebbe da escludere la possibilità di una polmonite batterica, curabile con una semplice terapia antibiotica e decisamente più facile da diagnosticare per la maggiore evidenza dei sintomi. Lo stato di denutrizione in cui si trovava Meloni avrebbe certamente indebolito le sue difese immunitarie e lasciato campo aperto alla rapida avanzata dell’attacco virale.

Nel giro di qualche giorno la relazione dei periti con le conclusioni sulla causa di morte verrà consegnata all’ufficio del pubblico ministero e al consulente nominato dalla famiglia Meloni, il docente di medicina legale Francesco Maria Avato. Soltanto quando il magistrato avrà esaminato il materiale la Procura deciderà se aprire formalmente un’inchiesta con ipotesi di reato definite.
 

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