La Nuova Sardegna

Oristano

Le cornacchie grigie spaventano gli orticoltori

Le cornacchie grigie spaventano gli orticoltori

La Coldiretti chiede un incontro urgente alla Regione per tutelare i produttori «Il piano di contenimento così com’è non funziona e va subito rivisto»

17 gennaio 2018
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ORISTANO. La Coldiretti chiede un incontro alla Regione sul problema dei danni provocati alle colture dalla fauna selvatica. Una presenza «che pone a rischio – scrive in una nota il presidente provinciale, Giuseppe Murru – il lavoro e la produttività dei campi». Sul banco degli imputati questa volta sono le cornacchie, per la precisione la cornacchia grigia, che, a quanto pare, per gli agricoltori che si accingono a preparare le colture primaverili ed estive, è diventata quasi un incubo.

«Non è la prima volta – spiega Murru – che denunciamo una situazione spesso fuori controllo, con la evidente alterazione dell’equilibrio fondante tra ambiente e attività produttive che occorre ripristinare nei campi. Di alcune specie nocive, cresciute in modo esponenziale, la presenza è segnalata diffusa e pressante: cinghiali, cornacchie e nutrie».

Ritorna d’attualità la richiesta di adozione di piani di contenimento della fauna selvatica. «Piani che – dice la Coldiretti – rischiano di rivelarsi inefficaci se a monte non ci saranno tempestività delle azioni di prevenzione, congruità delle risorse poste in campo e la semplificazione delle procedure per l’ottenimento degli indennizzi».

Per quel che riguarda la Cornacchia Grigia, sono le colture orticole primaverili ed estive e i frutteti le produzioni maggiormente danneggiate dalla specie. Oggi, spiegano i responsabili dell’organizzazione agricola, non esiste una statistica sulla presenza delle cornacchie nei territori, consentirebbe di rilevarne finalmente il numero e agire nella aree maggiormente sotto pressione.

«Il Piano di controllo elaborato quasi tre anni fa presenta evidenti limiti: il numero complessivo di esemplari contenibili (18.900 unità, 2.000 nella provincia di Oristano), sganciato da qualsiasi dato o censimento, di fatto si rivela insufficiente».

Ci sarebbe poi, sempre secondo la Coldiretti, un altro punto debole nell’attuale gestione del problema: «La equiparazione del contingente tra province non tiene conto del fatto che alcune sono più vocate all’orticoltura e che quindi necessitano di interventi più incisivi».

Inoltre non si tiene conto del fatto che la amministrazioni provinciali non sono più 8 ma 4 e che « la ripartizione delle modalità di contenimento (60 per cento attraverso gabbie, 40 per cento con arma da fuoco) è decisamente troppo sbilanciata verso l’impiego delle gabbie».



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